
“Io di Cosenza so solo che c’è la statua di Coso che è morto a cavallo”, questa frase, letteralmente, viene pronunciata mentre siamo a un tavolo all’aperto del Caffè Telesio. Per la cronaca, proprio poche ore prime, Telesio è stato chiamato Telese, forse confuso con Luca, il giornalista coi baffi. A pronunciarla uno dei finalisti di Music For Change, neanche troppo difficile risalire a chi, dal momento che di maschi ce ne sono tre su un totale di nove, due parte della medesima band, e dal momento che, proprio per questa forte componente femminile anche quest’anno atterrata tra i finalisti di Music For Change, il contest organizzato a Cosenza da Musica Contro Le Mafie, in queste righe non si utilizzerà il maschile esteso, non fosse altro per evitare anche di far incazzare Francamente, che sabato 31 maggio verrà premiata in quel del Teatro Rendano di Cosenza proprio a conclusione di questa prima fase del contest. Si era partiti dal fatto che nessuno di quanti seduti al tavolo, fatta eccezione per me, già venuto altre volte a Cosenza, negli ultimi tre anni sempre per Music For Change, sapesse esattamente chi fosse Telesio, e al mio far notare che tutto a Cosenza è intitolato a Telesio, non solo il Caffè ai cui tavoli stavamo seduti, anche il Liceo Ginnasio la cui sede è a due passi, letterali e letterari, dal Teatro Rendano, dove il 31 andrà in scena la conclusione di questa prima fase di Music For Change e dove a ottobre, il 10, andrà invece di scena la finalissima del contest, per passare all’Auditorium dove invece sono andate di scena le due giornate di Auditions- Stay or Go, lo Stay or Go a citare i Clash, giornate che hanno visto ventuno concorrenti, cantautrici, cantautori, band, sfidarsi su tre temi, poi ci arrivo, il tutto quindi diviso su sette temi, tre per sette fino a prova contraria fa ventuno, il tutto presentato da quel fenomeno di Giorgieness, che è una grande cantautrice, ascoltatevi i suoi album, a partire dall’ultimo Cuori Infranti, taylorswiftiano, e da adesso anche grande presentatrice, alla Pippo Baudo mi picco di essere stato io a aprirle questa carriera, invitandola a Sanremo a condurre con Etta le giornate di CasaBontempi. Coso che è morto a cavallo, per essere chiari, è Alarico, re dei Visigoti, e la statua di Coso che è morto a cavallo è appunto in realtà la statua che di Alarico e del suo cavallo ha fatto lo scultore Paolo Grassino nel punto in cui confluiscono i fiumi Crati e Busento, la statua mostra Alarico in piedi sulla testa del cavallo, e su questo potremmo serenamente aprire dibatto. La statua, trovandosi nel punto di confluenza di due fiumi, è ovviamente in piano, in mezzo a un punto da cui si può ammirare la base del centro storico, che a Cosenza di arrampica fino a arrivare al Castello, in cima a una collina. Il centro storico è uno dei più affascinanti che mi sia capitato di vedere in vita mia, pieno di bellezze abbaglianti in mezzo a edifici fatiscenti, in un contrasto che lascia letteralmente a bocca aperta. La statua di Telesio, il Caffè Telesio e il Liceo Classico Telesio si trovano nella parte alta del centro storico, la statua di Alarico è invece in mezzo a erba alta e cartacce, in questo caso uno scenario più vicino all’abbandono che alla fascinazione.
Ecco, questa sarebbe potuta essere la partenza di questo reportage, frutto del mio essere stato per tre giorni in quel di Cosenza, in veste di giurato di Music For Change. Ma non sarà così, partirei col piede sbagliato.
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“Ma lei è Bollani?”
“Sì.”
“No, che dici?”
“No, infatti, non è vero, non è Bollani,”
“Mhmmm…”
Questo il veloce scambio di battute tra un signore anziano che indossa un giubbetto verde simili a quelli che immagino Drupi indossi andando a pescare tutti i giorni sul suo Ticino, lì dalle parti di Padova, Marco Danelli, discografico della Believe, e me. Rispettivamente A, B, C, dove le battute andrebbero così lette:
A: “Ma lei è Bollani?”
B: “Sì.”
C: “No, che dici?”
B: “No, infatti, non è vero, non è Bollani,”
A: “Mhmmm…”
L’ultima battuta, muta, da intendersi come il mugugnare di chi non crede affatto che l’essere tornato sui propri passi da parte di Marco Danelli, discografico, sia sincero, e che di conseguenza il mio negare quella che ai suoi occhi è un’evidenza sia altrettanto insincero, ovvero sia falso. Il fatto che io non sia in effetti Stefano Bollani, la firma sotto il titolo lo evidenzia senza ombra di dubbio, come il nome che è scritto sulle pagine quasi distrutte della mia carta di identità, di quelle vecchie ancora di carta, talmente distrutte che la tipa al Gate neanche l’ha voluta prendere in mano, lei ha detto per paura di rovinarla ulteriormente, io ho temuto più per paura di prendere una qualche malattia, ecco, il fatto che io non sia Stefano Bollani dovrebbe indurvi a capire che a mentire, istintivamente, è stato proprio Marco Danelli, e che il risultato che ha ottenuto nel momento esatto nel quale gli regalavamo, io e il vecchio vestito come Drupi, un aneddoto di quelli da ricordare a nostra volta da vecchi sorridendo se non addirittura ridendo, pochi minuti prima gli avevo raccontato di come ci fosse un mio vicino di casa, nonché vicino di casa anche suo, visto che viviamo praticamente a pochi passi, che da cinque anni è convinto che io sia Stefano Bollani, mia eccessiva malinconia in epoca Covid, quando a preciso saluto “Maestro!”, da leggere con tutta la meraviglia di chi si trova di fronte un proprio idolo, non era seguito un “No, mi spiace, non sono io”, ma un menzognero “Salve”, con tanto di sorriso bonario, tanto eravamo durante il Covid, gli anziani morivano uno via l’altro, che male avrebbe mai potuto fare mentire a fin di bene, lasciando che quel vecchio se ne andasse col sorriso in bocca, vecchio che poi così vecchio mi sa non è, e che incontro praticamente tutti i giorni da cinque anni a questa parte, fingendomi sempre Bollani, e ritrovandomi addirittura ormai a dover commentare le puntate della sera prima di Via dei Matti numero zero. Una storia che ho già raccontato, ma che so riscontra spesso risate non sempre basate su una cieca fiducia sulla veridicità di quel che ho appena raccontato. Fatto anche comprensibile, che però lì sull’aereo ha trovato una prova provata potentissima, talmente potente da sembrare quasi concordata.
Ecco, anche questa sarebbe potuta essere la partenza di questo reportage, frutto del mio essere stato per tre giorni in quel di Cosenza, in veste di giurato di Music For Change, Marco Danelli, mio dirimpettaio nonché discografico della Believe a sua volta giurato con me, con il maestro Stefano Amato, bassista e direttore d’orchestra per Brunori Sas, anche all’ultimo Festival di Sanremo, Cecilia Cesareo, vocal coach anche in forza a Amici, e Lucia Monina, che è poi in forza a 361Magazine insieme a me, oltre che essere anche mia figlia, due giurati su cinque di 361Magazine mi sembra un risultato strabiliante per la nostra testata. Questa sarebbe potuta essere una gran partenza, quindi, che presentava la giuria delle Auditions- Stay or Go della sedicesima edizione di Music For Change, il contest ideato da Gennaro De Rosa di Musica Contro le Mafie. Ma non sarà così, l’autofiction non è ancora stato decodificato da tutti, partirei col piede sbagliato.
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Avere i numeri. Dare i numeri. Fare i numeri. Per un qualche motivo che mi sfugge, parole e numeri sono sempre stati visti come entità in contrapposizione, antagoniste. Che la musica sia strettamente legata ai numeri è faccenda che non vado certo scoprendo io ora e qui, c’è la faccenda delle note che sono sette, anche se in realtà a volerla dire tutta sarebbero almeno dodici, ci sono i numeri dell’armonia, quelli del ritmo, i battiti per minuto, tutta la musica è contraddistinta da una codificazione numerica. Anche quella che, come la forma canzone, sembra voglia appaltare alle parole un proprio spazio o un proprio peso (o entrambi). Però oggi se si deve parlare di musica, anche di quella musica strettamente legata alle parole, si parla quasi solo di numeri, di altri numeri. Quelli degli stream, se non addirittura quella dei followers. E quindi torno alle tre versioni ipotetiche di quello che riguardo i numeri si può fare. Avere i numeri sembra sia la faccenda più importante, i numeri di ascoltatori mensili su Spotify, quelli di views su Tik Tok e su Youtube, quelli di followers sui social. Un modo di guardare alla musica, alle canzoni, esclusivamente sotto il profilo della performatività. Certo, è chiaro, se si decide di tentare la carta del professionismo e di entrare nel mercato è anche coi numeri che toccherà fare i conti, ma essendo uomo di parola, quell’anche non l’ho mica messo lì per sbaglio o per caso.
Dare i numeri. Non sto parlando ovviamente di chi si trova a dover suggerire agli altri cosa andare poi a giocare al Lotto, da uno schermo televisivo o in sogno, quanto piuttosto di chi esce fuori dalla logica, e viene quindi tacciato di essere pazzo. Non ho mai capito il perché di questa strana formula, ma immagino dipenda proprio dal presupporre che l’assenza di logica porti a sostituire le parole coi numeri, e questo, in fondo, potrebbe riportare al punto precedente. Guardare troppo alla performance potrebbe portare a un risultato magari anche intrigante, ma che alla lunga risulterà irrazionalmente scollegato da tutto. Poi, la follia ha da sempre un lato fascinoso per chi la guarda, specie quella degli altri e quella che non sconfina esattamente nella patologia, può anche capitare che chi da i numeri nel senso di chi è folle, finisca per dare i numeri da giocare al lotto, vada cioè dicendo qualcosa da ascoltare con estrema attenzione, perché fondamentale per chi sta in ascolto. Fare i numeri, invece, non necessariamente è una versione che poi porta al primo punto, almeno da un punto di vista della narrazione. Nel senso che si può leggere non solo come chi va performando così bene da avere poi i numeri intesi come stream, views e followers, ma come chi è un funambolo, un estroso, un fantasista, qui sono andato giocoforza a pescare nell’immaginario calcistico, forse per pigrizia o forse perché mentre si era a Cosenza per le audizioni di Music For Change, il contest organizzato da Musica Contro le Mafie, il Napoli è andato a portarsi a casa lo scudetto, e parte dello staff di Musica Contro le Mafie è di Napoli, a cena al Caffe Telesio abbiamo seguito la partita da uno smartphone, brindando poi alla vittoria seppur senza essere tutti direttamente coinvolti. Sei un talento e fai i numeri. Poi a volte sei un talento e facendo i numeri fai anche quegli altri numeri, sarebbe il top, perché significa che il tuo talento, il tuo fare i numeri è stato intercettato dal più ampio numero di persone possibili, contenti tutti, chi segue i talenti per quel che sanno fare e chi li segue perché da quei numeri trae profitto. Music For Change, il contest ideato da Gennaro De Rosa di Musica Contro le Mafie, giunto alla sedicesima edizione, tenta di tenere insieme tutto questo, ma siccome è un contest a tema, si parla di sociale e di canzoni che sul sociale affondino i piedi, è evidente che in questo caso più che altrove le parole non possano essere meno dei numeri, e da meno dei numeri. La presenza come ospite di Giulia Mei, l’autrice di Bandiera, tanto per non star qui a girarci intorno, una che ha i numeri e che fai i numeri, nel senso di cui sopra, ma che ora fa i numeri nel senso della discografia e questo nonostante non sia stata decifrata da X Factor, che i numeri vorrebbe sempre farli, spesso non riuscendoci, ci dice molto a riguardo. Numeri dovuti alle parole e alle note, sia chiaro.
Questa sarebbe potuta essere una gran bella partenza, quindi. Ma non sarà così, i numeri e le parole continuano a essere contrapposti e partirei col piede sbagliato. Troppa teoria.
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Finite le Auditions- Stay or Go si va a festeggiare tutti insieme facendo karaoke, questa l’idea che comincia a serpeggiare tra chi alle Auditions- Stay or Go di Music For Change, il contest organizzato da Musica Contro le Mafie a Cosenza ha lavorato e tra chi a Music For Change, il contest organizzato da Musica Contro le Mafie a Cosenza ha partecipato. Dopo la ovvia tensione della gara, la felicità di chi è passato, la delusione e, almeno in un caso, lo scazzo di chi non è passato, un po’ di giocoso cazzeggio ci sta tutto. Anche perché uno dei capisaldi di Music For Change, il contest organizzato da Musica Contro le Mafie a Cosenza è proprio l’idea di creare un gruppo di artisti che vadano a vivere un’esperienza totalmente immersiva nella residenza artistica che proprio dal giorno successivo la seconda Auditions- Stay or Go, slogan che chiama ovviamente alla mente i Clash, partirà a Rende, comune limitrofo a Cosenza. Un luogo incantevole, immerso nella natura, dove i sette finalisti, tanti sono quelli che hanno superato le sette sfide che li vedevano contrapposti a altri due concorrenti su sette temi presi dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, poi ci arrivo, passeranno una settimana insieme a una serie di professionisti del settore musicale, per fare qualche nome Amara, Taketo Gohara, Luk, Olivia XX, Dinastia, Moà, lì per aiutarli a scrivere la canzone sul tema che hanno scelto. Un luogo che in passato era quello ancora più magico dei BoCs Art- Residenze Artistiche, posto lungo il corso del fiume Crati, sotto il centro storico. Ventisette casette in legno su due piani, suddivise in tre blocchi, concepite durante la legislatura del precedente sindaco di centro-destra Occhiuto, il medesimo che ha voluto la statua di Alarico alla confluenza con l’altro fiume, il Basento, e che ha voluto sul Crati il ponte affidato all’archistar Calatrava, di fronte al quale sorge un bellissimo planetario, mai inaugurato. Ora le residenze dei sette finalisti di Music For Change, il contest di Musica Contro le Mafie, giunto alla sedicesima edizione, si tiene in un luogo immerso nella natura, a Rende, perché i BoCs Art- Residenze Artistiche di Cosenza stanno marcendo, e non è una metafora. Abbandonati dalla nuova amministrazione, di centro sinistra, del tutto inspiegabilmente, e non concessi a Musica Contro le Mafie, i soli che negli ultimi anni hanno provato a tenerli in uno stato decoroso, stanno letteralmente cadendo a pezzi, finite le Auditions- Stay or Go ho chiesto al direttore Gennaro De Rosa di accompagnarci lì per visionarlo, cadendo nel più completo sconforto. Il fatto che a Music For Change 2025 abbia tenuto un panel anche Pinuccio di Striscia la Notizia, oltre quaranta i panel che nel corso della settimana hanno arricchito la proposta culturale di Cosenza, mi spinge a sperare che prima o poi questa situazione ben più che vergognosa venga alla luce, perché una unicità italiana come i BoCs Art- Residenze Artistiche dovrebbe essere esibita da chicchessia con vanto, non lasciata affondare perché pensata da qualche politico di altro colore. E perché Cosenza merita assolutamente di tornare a avere artisti che arrivino qui da ogni angolo di mondo per creare arte e donare poi un’opera alla città, questa l’idea che ha portato alla nascita di questo luogo un tempo magico, oggi pieno di preservativi usati e fazzoletti sporchi, vetri spaccati e macchie di muffa alle pareti.
Questa sarebbe potuta essere una partenza giusta, ma sarei partito col piede di guerra, quindi sbagliato.
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Finite le Auditions- Stay or Go si va a festeggiare tutti insieme facendo karaoke, questa l’idea che comincia a serpeggiare tra chi alle Auditions- Stay or Go di Music For Change, il contest organizzato da Musica Contro le Mafie a Cosenza ha lavorato e tra chi a Music For Change, il contest organizzato da Musica Contro le Mafie a Cosenza ha partecipato. Dopo la ovvia tensione della gara, la felicità di chi è passato, la delusione e, almeno in un caso, lo scazzo di chi non è passato, un po’ di giocoso cazzeggio ci sta tutto. Anche perché uno dei capisaldi di Musica Contro le Mafie, l’organizzazione presieduta da Gennaro De Rosa che organizza da sedici anni Music For Change, il contest musicale dedicato alla composizione di canzoni con temi sociali tratti dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, la cantautrice Cance, il giorno delle seconde audizioni ha fatto gli anni, e la sera prima parte dello staff ha atteso con lei mezzanotte per andare poi a festeggiare in un locale, dove appunto hanno fatto karaoke. Stasera, quindi, dopo la cena alla Calabria Bella, in presenza anche di Savino Zedda, che ha tenuto uno dei panel, ieri a cena c’era Marco Carrara, entrambi in forza alla RAI, Marco Carrara che ci ha letteralmente fatto piegare delle risate tenendo banco praticamente su qualsiasi tema possibile, gli si affidi un rotocalco quotidiano e nessuno si farà male, l’idea è di andare da qualche parte a fare karaoke, la tensione finalmente sarà un ricordo passato, e anche l’idea di andare a dormire presto, per altro. Andare da qualche parte, se si è un gruppo di una ventina di persone, tre sole le auto a disposizione, equivale nel locale di fronte al Calabria Bella, un tempo club dove si faceva ottima musica blues, oggi locale dove sorseggiare un cocktail, e ascoltare buona musica da pianobar. Ascoltare buona musica da pianobar, sia chiaro, era detto con ogni sfumatura di sarcasmo vi possa venire in mente, perché a animare la serata di sabato 24 maggio in quel locale c’è il duo più incredibile vi possa venire in mente, un tizio alla chitarra acustica e uno alla batteria, roba che neanche Jack White quando si era svegliato particolarmente storto, con la piccola differenza che il chitarrista non è ahinoi Jack White e il tizio alla batteria, che esibisce per altro una inquietante t-shirt dei piatti Zildijan, è convinto di essere un clone di Stewart Copeland, fatto di cui però non sono stati informati né le sue braccia né le sue gambe, col risultato che continua a azzardare fill di batteria sempre più improbabili, andando costantemente fuoritempo e spingendo fuoritempo anche il cantante. Dico questo perché in effetti, finita la cena, il gruppo di Music For Change, il contest di Musica Contro le Mafie giunto alla sedicesima edizione, gruppo composto da parte dei finalisti, una concorrente che in finale non è arrivata ma che è voluta rimanere per respirare almeno oggi un po’ dell’aria buona che a Music For Change si respira, Arianna Rozzo il nome di questa giovane artista assai talentuosa, poi ci arrivo, e parte dello staff, si è recata nel locale per fare karaoke, scoprendo però che il karaoke non c’era e che quindi la sola possibilità di fare una cantata assieme era coinvolgere il duo in questione che stava facendo pianobar. Impresa ardua, perché il duo procede come un treno, un treno sempre sul punto di deragliare, sia chiaro, ma uno dei punti fermi dello staff di Musica Contro le Mafie, Alessandro Freschi in arte Fre, dico arte perché il Fre in questione è veramente la riproposizione moderna di una artista rinascimentale, qui si occupa della parte video, ma è anche cantautore, questo è un appello pubblico a Gigi D’Alessio di ascoltare le sue canzoni, che gli ho già mandato in privato, e portarselo sul palco del suo tour, e comunque Fre fa anche grafica, fumetti e chi più ne ha più ne metta, oltre essere anche attore per Casa Surace, Fre, dicevo, uno dei punti fermi dello staff di Musica Contro le Mafie, vuole assolutamente festeggiare il compleanno di Cance, altro punto fermo dello staff di Musica Contro le Mafie, che oggi compie gli anni, quindi ha ordito un piano malefico. Questo: farsi amici i due della band, chiamiamola così, in modo tale da creare quel giusto feeling per poi chiedergli di fare qualcosa assieme. Il tutto passa dallo stare in mezzo al locale, in vero semideserto, cantando ogni singola canzone con loro, sbracciandosi e ballando manco si fosse a un concerto di Manu Chao, o comunque di qualcuno che merita di star lì a cantare e sbracciarsi. Fre è un vulcano, quindi uno alla volta si tira dietro tutti noi, ottenendo però una forma di esaltazione disumana nel duo che anima il pianobar, che canzone dopo canzone azzarda sempre di più, ottenendo risultati sempre più discutibili. Quando finalmente i due salutano il pubblico, cioè noi, annunciando l’ultima canzone, per poi partire con Balorda Nostalgia di Olly, per capire il repertorio sia messo agli atti che quando siamo arrivati stavano facendo Have You Ever Seen The Rain nella versione, temo, dei Creedance Clearwater Revival, quindi quando i due salutano il pubblico, cioè noi, per poi partire con Balorda Nostaliga di Olly, Fre si avvicina e chiede di poter fare tutti assieme una versione corale di We Are The World, scoprendo che la cosa non è possibile perché il chitarrista ha zappato così forte, immagino per star dietro alla foga superomistica del batterista, da essere rimasto con sole due corde della chitarra, roba che neanche a un concerto dei Pogues. Quindi ci facciamo una foto con loro, che, dice Fre, per l’esaltazione lunedì, cioè oggi, si licenzieranno dal posto di lavoro per tentare la carriera musicale, forse fraintendendo il nostro entusiasmo per loro, e ce ne andiamo a fare casino fuori. Perché Music For Change, il contest di Musica Contro le Mafie che si tiene a Cosenza, è anche questo, convivialità, jam, divertimento, un posto dove la musica tiene insieme i temi fondamentali di questi anni balordi, come la nostalgia di Olly, ma dove si crea anche una connessione tra artisti che poi, magari, finiranno per fare cose assieme nel corso della loro carriera, o torneranno a lavorare qui a Music For Change, come è capitato a Luk, a Olivia XX, a Cance, auguri, a proposito, a Dinastia e a Moà, in gara lo scorso anno e quest’anno dei nostri.
Questa sarebbe potuta essere una bella partenza, festosa e gioiosa, ma avrebbe forse tradito solo un aspetto del quadro generale, quindi non sarà così, sarebbe partire col piede sbagliato.
Giulia Leone, Alice Caronna, Dimaggio, La Noce, No Dada, Rossana De Pace, Marea. Questi i nomi dei sette finalisti di Music For Change 2025, il contest indetto da Musica Contro le Mafie a Cosenza, giunto alla sedicesima edizione. Sette finalisti che da ieri, 25 maggio, sono andati a vivere l’esperienza della residenza artistica, stavolta a Rende, a due passi da Cosenza, dove per una intera settimana incontreranno una serie di professionisti come Amara, Taketo Gohara, lo stesso maestro Amato, Luk, Olivia XX, Dinastia, Moà, lì a dare loro una mano per scrivere una canzone sul tema a loro assegnato, tema sul quale si sono sfidati con altri due concorrenti, per un totale di ventuno artisti arrivati a Cosenza il 22 maggio, ventuno artisti scelti da una prima giuria su un totale di quasi novecento iscritti, io parte anche di quella prima giuria. Sette i temi scelti dall’Agenda per lo sviluppo sostenibile 2030 della Nazioni Unite, nello specifico: Ambiente ed Ecologia, Lavoro e Dignità, Resistenza e Democrazia, Parità di Genere e Diritti LGBTQ+, Cittadinanza Digitale e Cyber Risk, Disuguaglianza e Marginalità Sociale, Migrazioni e Popoli. Temi che hanno visti sfidarsi per Ambiente ed Ecologia, Giulia Leone, Sarai e Dalila Spagnolo, per Lavoro e Dignità, Alice Caronna, Francesco Pintus e Marco Russo, per Resistenza e Democrazia, Dimaggio, MDE, Laparteintollerante, per Parità di Genere e Diritti LGBTQ+, La Noce, Diniche e Elettricaessenza, per Cittadinanza Digitale e Cyber Risk, No Dada, Vincenzo De Stradis, Damiano Dentella, per Disuguaglianza e Marginalità Sociale, Marea, Monia e Arianna Rozzo, per Migrazioni e Popoli, Rossana De Pace, Lumen e Gama.
Questa sarebbe forse stata una partenza più consona, in fondo sono arrivato a Cosenza da Milano, in compagnia di Lucia e di Marco Danelli, giurati come me, dopo aver schivato un diluvio universali piuttosto violento che si è abbattuto su tutta la Lombardia, con noi in giuria anche il maestro Stefano Amato, bassista e direttore d’orchestra, tra gli altri, per Brunori SaS, e la vocal coach Cecilia Cesario, loro due di Cosenza, giunti noi tre appositamente per accendere questa che è una delle eccellenze per quel che concerne i contest musicali in Italia, ma che oltre che un’eccellenza per quel che concerne i contest musicali in Italia, è tanto, tanto di più. Perché Musica Contro Le Mafie, organizzazione cosentina che ha in Gennaro De Rosa il suo direttore e cuore pulsante, non si limita a lanciare una sfida a chiunque si senta di poter scrivere una canzone su temi così importanti e sociali come quelli su indicati, ma per rendere il tutto coerente con una narrazione che mai come oggi sembra necessaria e doverosa, costruisce un vero e proprio festival che prevede incontri aperti alle scolaresche, in modo particolare, ma più in generale a tutta la cittadinanza, oltre quaranta panel con protagonisti scrittori, attivisti, politici, magistrati, chi nel corso della propria vita si è comunque trovato a vivere sulla propria pelle quei temi, e che abbia l’antimafia, nel senso più ampio possibile, come proprio valore. Un contest musicale che è però quindi molto di più, e che è però anche un contest musicale, sette terzetti di artiste e artisti a sfidarsi su quei sette temi, noi cinque a decidere delle loro sorti in compagnia di un pubblico di studenti, liceali o delle scuole medie, giunti all’Auditorium a fianco del Teatro Rendano, noi a contare un 80% e loro il rimanente 20%. Votazioni a volte lisce come l’olio, una o uno dei concorrenti di un determinato terzetto a spiccare particolarmente sugli altri, a volte più complicata, perché magari il livello è più omogeneo e la scelta più complicata, sempre difficile comunque per la consapevolezza che quella che è una gara anche giocata su certi meccanismi tipici dei talent televisivi, il voto coi codici, l’annuncio di chi prosegue e chi se ne deve andare, mette in campo i sogni e le aspettative di tutti, noi giurati a rimanere alla fine delle due Auditions- Stay or Go per spiegare agli eliminati il perché delle nostre scelte, almeno a quella parte degli eliminati che sia interessato a sapere il nostro punto di vista, almeno una concorrente se n’è andata sbattendo la porta, metaforicamente, convinta evidentemente di essere designata per andare avanti ma incappata, ahilei, in una collega che in corsa ci ha convinto più di lei. Perché avendo io partecipato anche alla giuria che ha portato da novecento a ventuno il numero degli artisti in gara, ovvio che mi fossi già fatto un’idea di chi partiva non dico testa di serie, ma quantomeno con ottime possibilità di andare in finale, poi però Music For Change si basa su due passaggi fondamentali, una chiacchierata con noi giurati nella quale si chiede ai concorrenti anche di capire cosa in caso andranno a proporre nella residenza, cioè se hanno già una qualche idea di canzone sul tema che hanno scelto e che è stato loro assegnato, molti già lì con una o più canzoni scritte, e sulla esibizione delle Auditions- Stay or Go, il giudizio finale un mix tra quanto capito tra questi due passaggi, e magari una, diciamo così, testa di serie viene eliminata a vantaggio di una o un outsider, il tutto per altro dentro una idea complessiva di gruppo, per dire Laparteintollerante, duo rock che giustamente andrà a aprire uno dei prossimi concerti di Vasco Rossi ha fatto una grande performance, lodata dal pubblico in sala, ma è stata eliminata perché Dimaggio ci ha convinto di più con la canzone che vorrà lavorare nei giorni di residenza e perché più affine a un concept cantautorale che quest’anno domina il contest, motivo per il quale se ne sono tornati a casa anche gli MDE, duo siciliano molto pop e un filo fuori contesto. Idem per Sarai, che ha fatto un’ottima performance col suo stile funkettone, seguitela che merita, e ha anche presentato nella chiacchierata uno dei testi più belli sentiti in questi giorni, ma ha trovato sulla sua strada una collega più dentro il nostro discorso, Giulia Leone, mica per caso le ho poi suggerito un paio di discografici coi quali andare a parlare, e spero che Marco Danelli si faccia sotto con lei, perché merita assolutamente, come di gran talento è anche la terza concorrente di quel terzetto, Dalila Spagnolo, rimasta impigliata in una performance molto di impatto ma troppo sperimentale per un posto dove si devono in fondo scrivere canzoni. Idem per De Stradis, che dopo la chiacchierata è andato coi mezzi a Lecce, per suonare e cantare tutta la notte in un evento a teatro che voleva accompagnare gli spettatori dal tramonto fino all’alba, salvo poi tornare a Cosenza e fare una grande performance, roba che solo chi ha una passione smodata può fare, ma ha trovato sulla sua strada un progetto interessante come quello dei No Dada che non gli ha lasciato scampo, succede, e con il talento che ha troverà sicuramente modo di farsi largo nel mercato, se lo merita, terzo di tre un Damiano Dentella troppo leggero per un contest che ha il sociale come leit motiv. O Gama, che ha fatto una grande Tre decine e sei unità, brano elettronico che parla di ageismo, dopo averci deliziato il giorno prima con le sue parole sulla ritornanza, cioè su chi se ne va dalla provincia salvo poi decidere di tornare, ma se la vedeva con Rossana De Pace che credo abbia fatto la più bella performance tra i ventuno concorrenti, lei che per un mistero tutto discografico non è già considerata per quello che è, una delle nostre più interessanti cantautrici, esattamente come quella Alice Caronna che ha mandato a casa l’interessante Francesco Pintus, uno che come Arianna Rozzo è poi rimasto lì a Cosenza per godersi la bella atmosfera di Music For Change, e un Marco Russo che mal si è posto un po’ con tutti, contando sul suo essere belloccio più che sull’essere bravo, terza del gruppo di Rossana De Pace e Gama era invece Lumen, molto brava, ma anche lei a confrontarsi contro un talento abbagliante come quello della collega. Sorprendenti, dal mio punto di vista, le performance di Marea e di La Noce, che non prevedevo avrebbero vinto nei loro terzetti, convinto in un caso che vincesse Arianna Rozzo su Marea e Monia, una categoria decisamente orientata al pop, quella, ma che ha fatto una grande performance, matura e empatica, così come La Noce, con la sua capacità di scrivere storie interessantissime in uno stile vagamente combat folk, ha sovvertito i miei personali pronostici che vedevano favoriti su di lei e la giovane Elettricaessenza, molto brava ma con una fragilità su cui lavorare ancora parecchio, Diniche che evidentemente come me pensava di vincere facile, come cantava Shel Shapiro in tempi ormai antichi, bisogna saper perdere.
A presentare Giorgieness, grande cantautrice e ora grande presentatrice, ospite d’onore quella Giulia Mei che così tanto bene ha fatto con quella Bandiera, scartata da X Factor e diventata giustamente manifesto di chi non intende lasciarsi sopraffare dalla paura di una società non molto votata al femminile, come direbbe Vasco, brava Giulia.
Ora Giulia Leone, Alice Caronna, Dimaggio, La Noce, No Dada, Rossana De Pace, Marea si troveranno fino al 31 maggio alla residenza artistica di Music For Change, a scrivere e ottimizzare la propria canzone sul tema che è stato loro affidato. Io sarò a Milano, seguendo il tutto a distanza, salvo poi tornare in quell’occasione a Cosenza per la serata nella quale verranno dati i premi Music For Change a Francamente, Mezzosangue e Tiromancino, in una gran bella serata presentata dalla cantautrice Gabriella Martinelli.
Insomma, questo sarebbe potuta essere davvero essere la partenza giusta, ma volevo dire altro, o dire anche altro, e quindi neanche questa va bene.
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Music For Change, il contest ideato da Gennaro De Rosa di Musica Contro le Mafie che si tiene a Cosenza, e che prevede che cantautrici, cantautori e band si ritrovino a scrivere una canzone su uno dei sette temi scelti dall’Agenda 2030 della Nazioni Unite, quest’anno entrato nella fase calda già a maggio, e con una finale prevista per il 10 di ottobre al Teatro Rendano, è a mio modo di vedere, sono un uomo anziano e ne ho viste davvero delle belle, una delle esperienze più incredibili che la nostra scena, non esattamente in ottima salute, presenta. Un’eccellenza che merita tutta la nostra stima e di conseguenza tutta la nostra attenzione. Quest’anno c’era un parterre di artisti davvero interessante, e il gruppo che ora vive nella residenza artistica, ahinoi non nei BoCs Art- Residenze Artistiche, è davvero meritevole di altrettanta attenzione. Onorato di essere parte di questa grande famiglia, e felice che di questa famiglia sia entrata a far parte Lucia, ripeto, due giurati su cinque in forze a 361 Magazine è un gran risultato, come sono felice che di questa famiglia siano entrate a far parte anche Giorgieness e Giulia Mei, forse oggi come oggi, la più bella scoperta del mainstream degli ultimi anni, scoperta ovviamente avvenuta con colpevole ritardo, ma tant’è. Gennaro De Rosa e il suo team sono persone perbene, e so che può suonare strano dall’esterno, ma nel mondo della musica è faccenda piuttosto rara, e anche per questo sono felice di essere entrato in questa grande famiglia. Tanto felice al punto da aver sopportato il dispiacere di non aver potuto assistere all’ultimo saggio di musica di mio figlio piccolo, Francesco, terza media, ultimo in assoluto, direi, come di non aver preso parte alle Cateriniadi, che sono i giochi sportivi della scuola media che mio figlio e la sua gemella Chiara frequentano, dall’anno prossimo scuole superiori, altra vita. Dirò di più felice al punto da non aver sbroccato quando, una volta rientrato, ho scoperto che il diluvio che io e Lucia ci siamo lasciati alle spalle partendo con Cosenza in compagnia di Marco Danelli, complici le grondaie intasate del mio palazzo, ha devastato parte del soffitto e una parete della mia cucina, mia moglie Marina, amorevole, a tenersi il segreto fino al nostro rientro a casa. A buon rendere, amministratore, a buon rendere.
Per questo, anche per provare a rendere quanto sia variegato il mondo e i talenti che a Music For Change passa, ho deciso di presentarlo qui in un modo non esattamente consono, o almeno non consono al modo in cui in genere si presentano festival o eventi. Sette diversi incipit, come sette sono gli artisti, e ringraziate Iddio che non ne ho fatti ventuno, come i semifinalisti. Fossi in voi mi appunterei tutti i nomi che ho fatto, e se avete a cuore la musica farei il tifo per loro. C’è ancora speranza nel pianeta Terra, fidatevi di me.