Lo scontro Pausini-Grignani, ancora sulla musica al tempo dei social media

Ci risiamo, e non sono passate neanche ventiquattro ore. Giusto ieri parlavo di come, oggi come oggi, è sempre più evidente come si cerchi l’hype, e per cercare l’hype si lavori su una forma di marketing aggressivo, alla Taffo, provocando e sperando nell’attenzione anche sbagliata del pubblico. Ne parlavo qui https://361magazine.com/cuoricini-e-piedi-neri-la-musica-al-tempo-dei-social-media/, e neanche il tempo di parlarne che i social media, sempre loro, sono diventati campo di battaglia di un’altra operazione che puzza di costruito lontano un miglio. Anche di più.
Talmente tanto che le righe che seguono potrebbero anche non esserci, perché andrò a riassumere qualcosa che probabilmente già avete visto e letto, e se non l’avete visto e letto l’avrete sentito. Laura Pausini ha pubblicato una serie di contenuti social. Lo ha fatto accompagnandoli con una sua foto seduta in posa innaturale su degli scogli, ultimamente mette anche legittimamente sempre in evidenza la sua ottima forma fisica. Ma siccome mettere in evidenza la propria forma fisica non è abbastanza, specie d’estate, la concorrenza è tanta, tantissima, di colleghe spesso più giovani, non è ageismo il mio, solo constatazione, ma anche di perfette sconosciute, durante l’estate i social diventano quel luogo dove chiunque mette in evidenza il proprio corpo, filtrato o meno, ecco la trovata. Il testo che accompagna questa foto, che su Instagram è divisa in tre parti, così da occupare una intera fila di immagini, recita semplicemente che il 12 settembre uscirà in triplice lingua, italiano, spagnolo e portoghese il nuovo singolo della cantante di Solarolo, che proprio in quei giorni dovrebbe inaugurare il suo imperdibile museo sempre a Solarolo, La mia storia tra le dita. Il riferimento all’imperdibile museo, nel post, non c’è, è mio, ovviamente. E anche il riferimento alla triplice lingua, perché questa informazione passa automaticamente dal fatto che il titolo è proposto nella triplice versione, La mia storia tra le dita, Mi historia entre tus dedos, Quem de nòs dois. Bello, non fosse che un nuovo singolo di Laura Pausini non fa più notizia da anni. Neanche quello recente e piuttosto discutibile sotto il profilo estetico con Robbie Williams, sigla ufficiale della Fifa, canzone presentata in occasione del Mondiale per Club tenutosi negli States e che non ha sortito effetti di massima, fatta forse eccezione per la ripresa dei tanti miei colleghi proni di fronte al di lei ufficio stampa. Non ha fatto notizia neanche quando ha deciso o provato a fare la giovane andando a farsi scrivere canzoni da chi giovane in effetti è, da Madame a Riccardo Zanotti dei Pinguini Tattici Nucleari, o quando ha provato a beneficiare del traino di Lazza, dopo aver prestato la voce al suo Locura, il suo recente passaggio a San Siro, sua ospite, è stato accompagnato da reel e video che non erano esattamente il tipo di reel e video che un’artista vorrebbe per sé, non fosse in chiara necessità di esserci.
Tornando però a questa tripletta di foto, lì a comporre una sorta di maya desnuda però vestita su uno scoglio, qualcuno, altrove avrei detto “qualcuno pignolo” ha notato mancasse qualcosa. Immagino anche voi ora. Manca infatti il piccolo dettaglio che La mia storia tra le dita non è un titolo tremendamente somigliante, che dico somigliante?, identico a quello del famosissimo brano che ha lanciato in Italia e nel mondo Gianluca Grignani, ormai trentuno anni fa, è proprio quello. Del resto un titolo così iconico, si direbbe oggi, sarebbe difficile da riutilizzare. A conferma di ciò, però, non bastasse l’intuizione, intuizione seguita da perplessità o indignazione, a seconda che si sia tra quanti simpatizzano o antipatizzano con la Laura nazionale, arriva proprio lui, Gianluca Grignani. E lo fa con delle stories scritte “stranamente” in una forma assolutamente lineare, dico questo perché i social hanno a suo tempo reso mitologiche le sue parole riguardo l’occasione che ti capita nella vita, che sono due occasione, che però è una, insomma, avete visto tutti quel video, sapete di che parlo. In queste stories, in pratica, parlando linearmente il nostro sottolinea che la canzone è una cover, e che è sua. Dice anche, nella storia che precede questo messaggio, che questo commento lo aveva lasciato sotto il post della “sua amica” Laura, ma che più volte gli è stato cancellato. La cosa, confesso, mi è arrivata non direttamente leggendo stories o post di Laura Pausini, ma attraverso il rilancio da parte di terzi, oggi funziona appunto così. Su non ricordo che social, credo X, sono stato da lei bannato, altrove preferisco autobannarmi tenendomene alla larga, come direbbe un vecchio spot in cui in realtà si parlava d’altro, “preferisco vivere”. Come forse qualcuno di voi che mi legge sa, in passato mi è capitato abbastanza spesso di lavorare con artisti piuttosto noti, da Vasco Rossi, quello con cui ho collaborato più spesso, firmando con lui quattro libri e un film, passando per Caparezza, Cesare Cremonini o altri. Nel caso di Laura Pausini non è ovviamente mai capitato che lavorassimo insieme, ho scritto un paio di libri su di lei, come ne ho scritti tanti su altre popstar, ma non abbiamo mai lavorato gomito a gomito, posso però dire che lei, Laura Pausini, ha molto lavorato per me. Perché coi suoi attacchi sui social, anche col suo bannarmi, ha fatto sì che molti miei articoli diventassero virali, e questo passaggio che sembra egoriferito e autoreferenziale è invece assolutamente coerente a quanto sto scrivendo oggi, fate attenzione. Certo, io ho osato criticare il suo aver invitato, faccio un esempio ormai classico nel mondo del giornalismo musicale, alcuni miei sedicenti colleghi in quel di Miami, nel 2016, per la presentazione di Simili, loro lì a fotografarsi incautamente a bordo piscina, nel resort che li ospitava, con l’hashtag #thepoolguys, nome col quale oggi i tre giornalisti in questione, tutti quotidianisti piuttosto visibili, vengono amabilmente chiamati da tutti i colleghi, e ho più volte sottolineato certe mancanze di gusto musicale nel predisporre le scalette dei propri dischi, ma le sue reazioni spesso scomposte, inizialmente con tanto di link ai miei articoli, ha decisamente lavorato per me, al punto che quando anni fa è diventata virale la foto del suo dito medio esibito a San Siro, scena che su un suo palco fa il doppione con quella in accappatoio nella quale dice “Yo la tengo como todas”, lì non si parlava di diti medi ma di altro, ecco, quando lei ha esibito il dito medio a San Siro, dedicando quel fanculo al giornalista che aveva scritto che San Siro sarebbe stato vuoto per la sua seconda data di fila nella Scala del calcio, tutti i suoi fan si sono riversati sui miei social pubblicandola da me, quindi dedicandomela, e anche alcuni siti sono usciti con articoli che dicevano che quel dito medio era per me, fatto che non risponde a verità, perché io non avevo scritto nulla sui suoi due San Siro, non ho mai negato il suo successo di allora, oggi non più così presente, ho sempre negato il suo valore artistico, altra faccenda. Se dico che “Laura Pausini ha lavorato per me” è perché so bene, e lo so dai tempi nei quali mi attaccava sui social, una decina e oltre di anni fa, che in certi casi la regola del “purché se ne parli” funziona. Non sempre, credo, ma spesso. Sicuramente in quel caso, perché essere attaccati da artisti che si risentono per le tue critiche ti rende sì inviso ai suoi fan, che infatti spesso danno vita a shitstorm anche fastidiose, ma altrettanto sicuramente ti rendono particolarmente simpatico a chi quel determinato artista non ama, peggio, malsopporta. Sei quello che la Pausini manda a cagare, quindi ti leggo. Questa cosa, ovviamente, è a doppio taglio, perché essere letto perché stronchi qualcuno che chi ti legge non ama implica che poi dovresti star lì a parlare di lui/lei a tempo pieno, mentre, per dire, io scriverò al massimo un articolo sulla Pausini, continuo a usare lei come esempio, all’anno. Però essere quello odiato dai cantanti funziona, nel mio caso. E a quanto si evince dall’uso dei social media che i cantanti stanno facendo recentemente, anche essere quello al centro di situazioni che possono dar vita a polemiche aiuta, perché dopo i piedi sporchi di Annalisa, e ancor prima l’ipotetico tradimento di California dei Coma_Cose, ma l’elenco potrebbe includere il finto bacio tra Fedez e Clara, il finto sbrocco tra Orietta Berti e Rovazzi e via discorrendo, ecco che il battibecco tra Gianluca Grignani e Laura Pausini ha di colpo reso la notizia dell’uscita del suo singoli il 12 settembre attenzionabile. Parliamo di un singolo di Laura Pausini, badate bene, ditemi voi quanto tempo era che una nuova canzone di Laura Pausini non scatenava attenzione sui social o anche sul mercato. Non c’era riuscita neanche andando a fare una cover di Bad Bunny, per dire, figuriamoci con una cover di una canzone di Grignani, canzone che per altro lascia ipotizzare un nuovo Io canto, album di cover che ai tempi ha invece riscosso un grande successo. La risposta successiva di Laura, perché ovviamente a un certo punto anche lei ha dovuto mettere una pezza alla gaffe, sempre che si voglia credere che sia una cosa vera, arriva puntuale a dire che anche lei vuole bene a Grignani, che lui sa da febbraio di questa cover e che il fatto che non sia ancora stato sottolineato a sufficienza, per non dire neanche nominato, il suo nome, quello di Grignani è dovuto a una strategia di lancio, che prevede più step, da qui al 12 settembre. Serie di step ormai inutili, tutti sanno che Laura Pausini tornerà con la cover in italiano, spagnolo e portoghese di La mia storia tra le dita di Gianluca Grignani, tutti sanno che Gianluca ha poco gradito il non essere menzionato ma che le vuole bene, tutti sanno che anche lei gli vuole bene ma che presto lo avrebbe detto. Io so, e così spero voi, che tutto questo è parte di una chiara strategia di marketing, tirare fuori una notizia irrilevante e farla diventare virale in virtù di una finta polemica che ci si costruisce intorno, risultato per altro ottimamente conseguito, ne parlano tutti, pure io.
Un tempo, leggendo queste mie parole, Laura mi avrebbe scatenato contro le armate della notte, i suoi fan, oggi non più, mi ha bannato, e io ho bannato migliaia dei suoi fan, che si limiteranno a insultarmi in contumacia. Resto dell’idea che il “purché se ne parli” non funzioni per promuovere canzoni, ma evidentemente chi opera nel mercato non la pensa come me. Nel momento in cui il clamore di questo ipotetico scontro scemerà, voglio augurarmi che Gianluca sia stato messo al corrente della cosa e non ci sia semplicemente rimasto incastrato in mezzo, del singolo di Laura Pausini non si parlerà più, perché il mercato non guarda più a questo tipo di canzoni e neanche a questo tipo di artisti, rendendo quindi tanto sbattimento vano, vivessimo in un’epoca normale gli artisti se ne renderebbero conto e spenderebbero le proprie energie nel cercare di fare qualcosa di significativo, o semplicemente godendosi i riscontri che il pubblico che li ama continua a dar loro, ma questo passa il convento oggi.
Non ci resta di vedere che tipo di scandalo ci riserverà domani, o probabilmente già oggi pomeriggio. Al prossimo che mi dice “beato te che di lavoro ti occupi di musica” arriverà temo una testata sul naso, peccato che non abbia un singolo da legare alla notizia, diventerebbe sicuramente virale.