
Non so se capita anche a voi, io personalmente fatico ormai a leggere libri che siano stati scritti da autori nati prima della seconda guerra mondiale. Fatico a leggere una lingua che non ho evidentemente mai parlato, sia essa quella dell’autore o quella che un traduttore ha deciso di applicare al testo originale. Per lo stesso motivo, credo, fatico a seguire film che invece siano di epoche anche più recenti, i ritmi dilatati, certe trovate stilistiche diventate modernariato, un linguaggio registico che oggi non trova spazio. Credo sia una questione da riportare al fatto che la contemporaneità, per ragioni legate ai social, al nostro passare il tempo in rete, scorrendo veloce sullo schermo senza prestare mai troppa attenzione, è diventata iperveloce, frammentaria, vaporizzata, quindi confrontarsi con qualcosa che pretenda una attenzione paziente mi risulta difficile, almeno laddove non è davvero necessaria, il fatto di aver passato gli anni della mia gioventù a aver letto e visto tutto quel che potevo leggere e vedere solo parziale giustificazione a mia discolpa.
Tutto questo per dire che quel che andrò ora a scrivere potrebbe forse risultare incoerente, o addirittura controverso, non fosse che poi, quando si tratta di scrivere adotto uno stile, dovreste saperlo, mi state leggendo, che va in direzione diametralmente opposta, lungo, contorto, decisamente poco spiccio, uno stile che pretende attenzione e tempo, molte più parole di quante in genere si ammettano in contesti come la rete oggi. Il fatto è che per quanto io ritenga di essere in realtà molto contemporaneo, pensatemi come un pescatore che se ne sta in mezzo a un fiume con l’acqua fin quasi al culo, gli stivaloni impermeabili tirati su fino a metà coscia per impedire di bagnarmi troppo, ci sono notizie, o forse dovrei dire informazioni, che continuano a lasciarmi spiazzato, basito, perplesso, al punto da farmi chiedere se il mio essere novecentesco, almeno come formazione, non sia a volte un fardello troppo pesante per stare a galla oggi, una zavorra che mi fa stare forse coi piedi per terra ma indubbiamente mi richiede una fatica immensa quando devo provare a alzarmi in volo.
Per dire, una delle notizie di questi giorni è che, in occasione del quarantennale dell’uscita di La vita è adesso, Claudio Baglioni, che de La vita è adesso è titolare, è tornato in studio, riregistrando tutti gli strumenti con nuovi arrangiamenti e ricantando tutte le canzoni, per poi aggiungere una traccia ai tempi lasciata fuori e usata solo dal vivo, Il sogno è sempre. In realtà l’operazione, trattandosi di Claudio Baglioni, è molto più complessa di così. C’è di mezzo un libro artistico, un tour pensato ad hoc, all’interno di quella mastodontica operazione presentata mesi fa, mille giorni prima del suo settantacinquesimo compleanno e quindi del suo annunciato ritiro dalle scene, insomma, di tutto e di più, per dirla col claim di mamma Rai, ma è sempre intorno a La vita è adesso che tutti i componenti ruotano. Del resto La vita è adesso l’album più venduto della storia della discografia italiana, quattro milioni e mezzo di copie quelle certificate. Vendute, poi, nel senso proprio di vendute, non di streammate o roba del genere, ai tempi, nel 1985 e negli anni a seguire, l’album rimase in classifica per non saprei neanche dire quante settimane, sicuramente per ventisette stazionò in vetta e comunque sicuramente rimase molto in alto per un intero anno, per ascoltare un album toccava uscire di casa, andare verso un negozio di dischi, che forse non era neanche nella nostra stessa città o paese, non penso neanche fossero nati centri come le varie Feltrinelli o affini, entrare, prendere il disco, fisico, da uno scaffale, avvicinarsi alla cassa con i soldi in mano, il discorso delle Feltrinelli vale anche per le carte di credito, e solo una volta battuto lo scontrino si poteva uscire, fare la strada a ritroso fino a casa propria, tirare fuori il vinile dalla custodia, appoggiarlo su un piatto di uno stereo e ascoltarlo, premurandosi di alzarsi in piedi nel momento in cui finiva il lato A, per passare al lato B. Quindi quattro milioni e mezzo di persone hanno fatto questa operazione, magari qualcuno l’ha ricevuto in regalo, è vero, ma chi glielo ha regalato ha fatto quel tragitto, e ha ascoltato un album che è ben più di un classico. Io, personalmente, l’ho ascoltato per interi mesi, pur non avendone una copia mia, complice un appartamento con pareti evidentemente non troppo spesse e una vicina della mia età, Cristina, grandissima fan di Baglioni, imparare a memoria un testo attraverso le pareti di un appartamento, converrete, è tanta roba, il momento in cui ho cambiato casa è poi conciso con quello in cui ho acquistato la mia copia del disco, ho sempre molto amato Baglioni, anche perché prima di Cristina c’era mia sorella Caterina, a sua volta grande fan del nostro. Anche per questo, quando prima del Covid, mi sono trovato mio malgrado a tirare Baglioni in mezzo a una mia inchiesta, poi ripresa da Dagospia e infine da Striscia la Notizia, ricorderete la questione del conflitto di interessi dovuto al fatto che mentre lui era il direttore artistico del Festival di Sanremo il suo manager, Ferdinando Salzano, lavorava con buona parte dei superospiti invitati da Baglioni oltre che con alcuni dei cantanti selezionati per essere in gara, ho sofferto e manco poco. Stavo sostanzialmente combattendo una battaglia nel quale Baglioni era nella trincea esattamente di fronte alla mia, io con la baionetta puntata verso il suo petto, e la cosa non mi piaceva affatto. Resta che La vita è adesso è uno dei miei album preferiti di sempre, canzoni come Amori in corso o Andiamo a casa, Tutto il calcio minuto per minuto o Un giorno nuovo o un giorno nuovo tra le mie preferite di tutto il suo repertorio. E dire che di suoi album che adoro ce ne sono tanti, dal citatissimo Oltre, forse l’album di Baglioni più amato dai non baglioniani, a Strada facendo, passando per Io sono qui, Viaggiatore sulla coda del tempo e, perché no?, anche E tu come stai?.
A questo punto, però, uno potrebbe chiedersi perché resto spiazzato, basito, perplesso dall’uscita di La vita è adesso. Il sogno è sempre, album atto a celebrare il quarantennale di una uscita fondamentale per la carriera di Claudio Baglioni, e tra i più rilevanti nella storia del nostro cantautorato?
Non resto affatto spiazzato, basito o perplesso per questo, ci mancherebbe altro. Anzi, ne sono ovviamente incuriosito. Certo, Baglioni da sempre tende a articolare i suoi progetti su più fronti, col rischio che qualcuno, io nello specifico, poi si perda qualche pezzo, e il fatto di aver presentato questa operazione a Roma e non Milano non mi ha aiutato, ma nulla da eccepire su un lavoro che celebri il quarantennale di un album così importante.
Quello che mi lascia spiazzato, basito e perplesso, invece, è la concomitante uscita nei negozi di dischi, che poi sarebbe come parlare di un amico immaginario, suppongo, o di un inscritto a una fanbase che lasci sotto un post che parla non positivamente del proprio beniamino un commento intelligente, diciamo la concomitante uscita nelle piattaforme di streaming di un altro album celebrativo, che ha delle caratteristiche comune con l’operazione messa in piedi da Claudio Baglioni, cioè un album risuonato e ricantato, in parte accompagnati da una band, in parte dall’Orchestra sinfonica di Milano diretta dal maestro Enzo Campagnoli. Parlo di Locura Jam+Opera. Dovrei fermarmi qui, lo so, anche perché nel mentre sto provando a fronteggiare online i fan di Guè che non sono stati in grado di capire il testo di un post di sole tre righe, capisco le loro difficoltà cognitive e sono loro vicino in questo momento complicato, figuriamoci se voglio aprire un fronte anche nei confronti di quelli di Lazza. Però, so bene come sono fatto, non riesco a star zitto, maledetto me, e mi trovo quindi costretto a sottolineare come Lazza, che è un campione di vendite, che è un rapper valido, certo, ma è anche un pianista classico, uno che ha studiato, che da bravo rapper ha studiato poi canto e ora è anche un bravo cantante, insomma, ci siamo capiti, tutto vero, ma mi trovo costretto a sottolineare che Locura Jam+Opera, album che ripropone le canzoni di Locura, quarto lavoro in studio del rapper milanese, è uscito in verità non proprio tantissimo tempo fa, e neanche esce ora in questa versione per celebrare un anniversario, la data di release è il 20 settembre 2024. Cosa ci dice questo? Semplice, che esattamente come succede per tutto il resto, veloce, frammentario, distratto, vorticoso, oggi per celebrare qualcosa basta siano passati neanche nove mesi e via, si può tornare sul mercato con un lavoro che riprenda l’originale e lo riproponga sotto nuova veste. O meglio, che forse oggi, proprio perché viviamo in un periodo veloce, frammentario, distratto e vorticoso, siamo costretti a stare sempre sul pezzo, riproponendo qualcosa di abbastanza nuovo sotto una nuova veste, per tenere viva l’attenzione. Traduco, non penso che in ballo ci sia l’ego di Lazza, che magari e sicuramente ci sarà, figuriamoci, ma ha comunque dovuto impattare con la major che lo pubblica, la Island, e con tutta una serie di passaggi che tendono a guardare ai numeri più che alle personalità. Penso invece che un album pur di successo come Locura, triplo album di platino, triplo album di platino che con questo repackaging, uscito a meno di un anno, aumenterà il suo bottino finale, ha bisogno di una puntura di adrenalina nel cuore, perché se no muore. Il che è allarmante, parecchio, perché dimostra che la discografia non è proprio sanissima, oggi, questi sono trucchetti da commercialisti, poco conta che poi Lazza abbia almeno optato per un lavoro interessante, sotto il profilo artistico. Baglioni ha dominato per ventisette settimane di fila la classifica, quarant’anni fa, e per un intero anno è stato in alto in classifica, semplicemente facendo un lavoro che, a distanza di quarant’anni, appunto, ancora è un capolavoro. Senza trucchi e senza inganni. Oggi tocca fare un album, tirare fuori un singolo, possibilmente con feat, poco dopo, singolo non contenuto inizialmente nell’album, poi fare un repackaging, con nuove canzoni e altri feat, o nel caso di Lazza, con una veste nuova per le vecchie canzoni. Vecchie, le canzoni di Locura non sono vecchie, in altra epoca si sarebbe tirato fuori un singolo da quel disco ancora oggi, e invece no. Nove mesi scarsi dopo Locura ecco Locura Jam+Opera, si riparte da capo, cercando di rimanere vivi.