Abbiamo letto tutti la notizia del visitatore degli uffizi che per farsi un selfie è inciampato e ha squarciato la tela di Anton Domenico Gabbiani, ritratto di Ferdinando de’ Medici, opera del ‘600.

Notizia stata affiancata ovunque dal video incriminante, video che però fa mettere in dubbio la veridicità della notizia ufficiale, ovvero di un selfie finito male.

Di telefoni non c’è traccia, sicuramente un turista troppo vicino al quadro, ma non di certo per via di un selfie.

Questa notizia ci dice tantissime cose, non è la prima volta che si verificano situazioni del genere agli uffizi, la colpa, in parte anche giustamente, finisce sul visitatore, ma non ci si chiede mai cosa abbia fatto il luogo stesso, gli Uffizi, per tutelare l’opera ed evitare che si verifichino situazioni del genere.

La verità è che, in posti del genere, notizie del genere non sono altro che pubblicità gratuita, un quadro che andrà al restauro, gente indignata che attacca solo il visitatore e tutto è bene quel che finisce bene.

Strano però, che la notizia, invece verificata, dei turisti che rompono la statua di Bolla, per farsi davvero una foto, non abbia fatto tutto questo scalpore.

Forse perché esistono Musei di serie A e Musei di serie B, e opere di serie A e opere di serie B.

Forse perché fa più scandalo un danno agli uffizi, considerabile la patria dell’arte Italia, che una semplice opera contemporanea a Verona.

Io guardo da esterna tutta questa situazione e vedo che sfugge il punto del discorso: la vendita di biglietti.

Sappiamo tutti benissimo che gli Uffizi, come il Colosseo, come San Marco a Venezia, come il Cenacolo a Milano, hanno un problema serio con la vendita dei biglietti.

Problema per cui il Colosseo ha anche subito una salatissima multa dall’Antitrust.

La verità è che gli Uffizi vendono più biglietti di quanti dovrebbero, fiumana di gente stipata in sale che hanno una capienza nettamente inferiore, tutto solo per battere cassa, a discrezione delle opere, a discrezione di eventuali danni.

Diciamo le cose come stanno, ormai da troppo, al mondo dell’arte non importa più dell’arte, è diventato puro commercio, che verte ad arricchire chi sta ai vertici e a impoverire i lavoratori, gli operatori, delle classi inferiori.

Non a caso, proprio pochi giorni fa si è verificato uno sciopero del personale del Louvre, uno dei musei con più visitatori al mondo, forse solo secondo al MoMa, e che puntualmente si ritrova ad avere i propri collaboratori incazzati e sottopagati, ma com’è possibile?

Stesso discosto, una marea di biglietti venduti a prezzi incommentabili, e salari per i lavoratori interni da fare la fame.

Nel 2024 il Louvre ha fatto 9 milioni di visitatori, più del doppio rispetto alla sua capacità di contenimento, e qui si ritorna all’inizio, l’importanza dell’incasso che supera l’importanza dell’opera, del mantenimento, della sicurezza e dei lavoratori.

Sempre nel 2024, sia il Louvre che gli Uffizi hanno anche aumentato il loro biglietto, il primo arrivando a 22 euro e il secondo a ben 25 euro.

I musei che diventano centri commerciali, un bene culturale che diventa status symbol di una ricchezza, di tempo libero che viene “investito” in un’attività, ahimè, diventata solo per ricchi.

Andare ai musei diventa un privilegio per pochi, e anche poco piacevole, dato che fruire di un opera in coda, ammassati, stipati di gente e di telefono, non diventa piacevole, ma solo disumano, sensazione che io stessa ho provato al Louvre davanti alla Monna Lisa.

Qual è la morale di questa storia quindi?

Sostanzialmente nessuna, i musei continueranno a perdere la loro funzione originale e a diventare solo bancomat, gli operatori continueranno a essere tagliati fuori, la gente continuerà ad aumentare e i problemi con le opere e il mantenimento peggioreranno solo, arrivando quindi alla conclusione che questo turista è stato solo vittima di sbadataggine, utilizzata dagli Uffizi stessi per portare acqua al loro mulino.

Lo sciopero del Louvre e lo squarcio degli uffizi sono due facce della stessa medaglia, due risvolti dello stesso problema.

Mi viene dunque da chiedervi: ma i luoghi culturali, come i musei, portano davvero ricchezza, o alimentano dinamiche classiste?

E siamo certi che le colpe le dobbiamo addossare solo ed esclusivamente al visitatore? O bisognerebbe rivedere la dimensione museale, e quindi anche la gestione?

Credo che, come sempre, come anche per Ultima Generazione che tirava vernice sui quadri, queste situazioni servono solo a far polemica, a polarizzare il lettore e a infangare qualcuno, che più spesso di quanto si crede, rappresenta uno status.

Queste situazioni non vengono mai raccontate per il solo scopo di raccontarle, ma vengono per lo più raccontate per nascondere sotto al tappeto problemi ben più grandi, usando l’arte come pedina, come mezzo e non come fine.

Portandomi dunque a chiedermi: quanti di quelli indignati per la tela squarciata conoscevano e apprezzavano davvero il quadro, quanti sono davvero preoccupati per l’opera e se la risposta è molti: dove sono quei molti quando bisogna tutelare i lavoratori e la manutenzione museale?