Jurassic World di Edwards è un film coraggioso

Ma avevamo realmente bisogno del nuovo Jurassic World?

Risposta breve: no.

Risposta lunga: forse sì, e ora vediamo perché.

Il 2 luglio è uscito al cinema il nuovo film Jurassic World, parte di una saga, che un po’ come Fast & Furious, sembra non avere mai una fine.

Il regista del film è Gareth Edwards, e si è differenziato da molti registi degli ultimi anni, scegliendo di girare, interamente, il film in pellicola.

Anacronistico nel 2025.

Lo so, potrà sembravi una scelta da niente, ma è molto di più.

La realtà è che girare in pellicola, un po’ come scattare in pellicola, crea l’opportunità di creare una vera e propria seconda realtà.

Le immagini impresse non saranno mai le stesse di quelle riprodotte in quell’istante, e forse questo è il senso del film di Jurassic World.

Una saga lunga, vecchia, magica, che ti porta in un altro cosmo, e che, grazie al lavoro del regista, ti porta in un altro mondo anche letteralmente, chimicamente.

Il digitale ha sempre più piede, perché è un più pratico, meno costoso, più veloce, più lavorabile e con una vasta gamma di abilità differenti.

Ricreare i colori, utilizzati dal film di Edwards, non è difficile con il digitale, ma perderebbe il senso e la magia del cinema, il creare una nuova storia in un mondo parallelo.

Un lavoro che richiede tempo, pazienza e molta tecnica.

Un lavoro non per tutti.

Edwards ha usato le lenti Panavision, che restituiscono una luce simile a quella dei primi film degli anni ‘70, un modo per fare un tuffo nel passato, e fare un omaggio ai vecchi film della saga.

Ecco che mi ritrovo quindi a invitarvi ad andare al cinema, a godervi lo spettacolo delle immagini e dei colori sul grande schermo, nonostante Jurassic World non sia un film proprio da me.

Ve lo consiglio però, perché in un periodo come questo, in cui sembra facilissimo con un click, anche grazie all’intelligenza artificiale, sostituire tutto il lavoro, anche meccanico, del dietro le quinte dell’arte, fotografi, registi, pittori, musicisti, sembrano non avere più un senso.

Vedere come ci sia ancora qualcuno alla ricerca della creatività, della scoperta, dello stupore e dell’originalità del prodotto, anche a costo di rischiare di andare in perdita, per via del costo della pellicola, mi fa dire che l’arte, il cinema, la musica, non moriranno mai.

Certo, bisogna faticare, bisognerà lottare per far sì che gesti come questi ricevano la giusta ammirazione dal pubblico, ma non potrà mai avere lo stesso valore di un qualcosa fatto a macchina, è evidente.

Quindi sì, forse avevamo e abbiamo bisogno di questo film.

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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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