Jovanotti non ha niente di intelligente da dire, dice

Su una cosa credo di poter dire che io e Jovanotti siamo d’accordo, non ha niente di intelligente da dire. Lo ha detto chiaramente dal palco del No Borders Festival, in quello che è stato rinominato il Jova Bike Party, lui arrivato lì dopo oltre settecento chilometri in bici, vai a capire perché tanti ne ha fatti per arrivare da Cortona ai laghi di Fusine, modo tutto suo per esorcizzare l’incidente accadutogli a Santo Domingo un paio di anni fa. A un certo punto ha fermato la musica, e di questo magari gliene saremmo tutti dovuti essere grati, e ha fatto un monologo impacciato, dove tra le altre cose ha detto: “Non ho niente di intelligente da dire”, il tema era il genocidio di Gaza, che per lui evidentemente genocidio non è,, per poi proseguire “quindi prego, spero e mi auguro che questa follia ci insegni qualcosa”. Poco prima aveva anche detto, attenzione, “Come si può far accadere quello che sta succedendo? Dico per entrambe le parti, io non sono tifoso, tifo solo per la pace e la tregua”. Ecco, Jovanotti parla di far accadere quel che sta succedendo, come se un genocidio accada, non venga realizzato, e non parla di genocidio, quindi di un folle piano di eliminazione da parte di Israele, o dell’Israele attuale, guidato da Netanyahu, ma di “entrambe le parti”, parlando anche di tifo. Come se dire le cose come stanno, usando i giusti termini e i giusti verbi fosse tifare. Intendiamoci, non che ci sia nulla di mare nell’auspicare la tregua e nel pregare, ma forse prendere una posizione, se non ricordo male era anche lui a cantare o quel che è “Il mio nome è mai più”, e diciamo che su una certa idea di pacifismo ha sempre lavorato sodo, intendo da un punto di vista di marketing, non sarebbe stato poi così male. Magari anche prendere una posizione prima del 26 luglio 2025, tanto più che stiamo parlando di uno che è sempre sul pezzo, tra canzoni, concerti, reel. Uno che sul pontificare ha costruito una metamorfosi senza precedenti, intendiamoci, provateci voi a passare da “Uno, due, tre, casino” a quel che è stato poi Jovanotti, ma che forse un po’ troppo spesso mostra delle incongruenze sì umanissime, forse Jovanotti piace anche per questo, per quel suo essere una popstar dotata di un grandissimo entusiasmo ma che a ben vedere non sa cantare e non sa suonare, “uno di noi”, avendo cose intelligenti da dire, cit., solo quando gli viene comodo. Perché se in passato, parlo del Jova Beach Party, a parte dare dei nazi-ambientalisti a chi lo indicava come il Re nudo, lì a fare danni ambientali sponsorizzato per di più da Fileni, era chiaro che le intenzioni non coincidevano coi fatti, ora la faccenda è un filo più complicata, perché la piazza dei social pretende, a ragione, che si prenda una posizione, lo pretenderebbe da chiunque, figuriamoci da chi già oltre trent’anni fa sperava “che a questo mondo ci fosse solo una grande chiesa, che parta da Che Guevara e arrivi fino a Madre Teresa”, e Nanda Pivano, e Gino Strada e Manu Chao e Bono al G8 tragicamente definitivo di Genova 2001, e la convocazione tra i veri grandi del mondo, ah, no, quello no, scusate, ci siamo capiti. Per quello che è indubbiamente un grande comunicatore, anche se confesso che mi sfugge il senso di quei video coi piedi sporchi in primo piano dove lui si scola una bottiglia d’acqua da un litro senza, anche lì, dire niente, procedere goffamente senza riuscire a dire una frase che suoni veramente di senso compiuto, come se quel discorso gli fosse scappato sul momento, toh, mi viene in mente giusto adesso che Israele sta compiendo una strage di innocenti, la parola tifo usata a sproposito perché figlia di una improvvisazione, la prima che mi è passata di mente, ispirati dalla natura così bella che il Creato gli ha messo di fronte, il palco sui laghi di Fusine, quindi, quel “da entrambe le parti” come una nave cisterna che arrivi lì e ci riversi dentro tonnellate di greggio, quel verbo “accadere”, come il successivo “succedere”, verbi che meriterebbero una punizione metaforica come l’andare in giro nudi per le strade del centro coperti di pece e piume, non che il seguito del discorso, quando prova a giustificare il tutto dicendo che in fondo la guerra è qualcosa che è connaturata con l’umanità da sempre, salvo poi provare a metterci una pezza dicendo che anche la pace è connaturata con la nostra natura, che poi non è che l’essere uomo non contempli anche il provare a superare i nostri limiti, Jovanotti, eri partito facendo lo scemo col cappellino da baseball indossato al contrario e dicendo minchiate in tv e sei per un po’ stato una sorta di guru, quello del Grande Boh e dell’Ombelico del Mondo, non dimenticartelo, si lavora duramente e ci si evolve, se non staremmo ancora vestiti di pellicce a prenderci a mazzate con ossi di dinosauro, violentando animalescamente le femmine della nostra specie spinti da uno spirito di procreazione pensando a come trovare cibo e un rifugio per la notte.

Bombardare civili non accade, non succede. Affamare un intero popolo, impedendo l’arrivo di aiuti, tenendoli fermi al confine finché le derrate alimentari non si deteriorano e diventano da buttare non accade, non succede. E non è questione di tifo, è un dato di fatto. Non serve avere cose intelligenti da dire a riguardo, basta raccontare quel che succede e prendere una posizione. È necessario prendere una posizione, per non essere complici di tutto questo.

Capisco questo reiterato silenzio da parte di quasi tutte le nostre popstar. Silenzio rotto giusto negli ultimi tempi, quando ormai la tragedia è talmente evidente da non poter essere schivata, pur in una narrazione mediatica che ancora prova a tenere i piedi in due staffe, ma almeno chi ha costruito su quelle istanze, i temi dell’impegno sociale, il pacifismo, l’ambientalismo, ricordiamo un giovane Jovanotti che sale sul palco dell’Ariston, durante il Festival del 2000 cantando, sempre si fa per dire, “Cancella il debito”, sorta di Bob Geldof vestito come un venditore di braccialetti al mercatino estivo, una posizione credo debba prenderla. E non una posizione che sia “non ho niente di intelligente da dire, quindi non dico niente”, perché hai detto per anni e anni, ti sei confrontato coi capi di stato e coi veri potenti della Terra, lo hai raccontato tu stesso, e perdi le parole proprio nel momento in cui metterci la faccia comporta prendere una posizione scomoda? Allora sembra vagamente una scelta di comodo, un evitare di dire qualcosa per non inimicarsi nessuno, e mai come oggi che si punta all’hype e ai numeri perdere un pezzo di pubblico sembra pericoloso. Nascondersi dietro un “non so cosa dire, quindi taccio”, o, peggio, dietro un “credo che la musica abbia perso la forza di veicolare informazioni che aveva un tempo, oggi serve a trasmettere emozioni”, le virgolette le ho messe io che le parole non sono esattamente queste, il senso sì, è troppo comodo.

Anni fa, prima del Covid, aver criticato Jovanotti per il Jova Beach Party mi è costata la fine della collaborazione storica con Linkiesta, da poco andata sotto la direzione di Christian Rocca, che proprio in queste ore torna a difendere a spada tratta, manco fosse l’Arcangelo Michele contro i demoni caduti dal Paradiso. E dire che avevo firmato alcuni dei pezzi più letti degli ultimi anni di vita di quel magazine. Un addio consumato senza neanche una parola, è arrivato Rocca e io ho semplicemente smesso di scrivere per loro, felice che ciò sia accaduto per il fatto di metterci sempre la faccia, anche parlando di Jovanotti e del Jovanotti del Jova Beach Party, ambientalista conto terzi. Anche in quelle occasioni, credo, Jovanotti non avesse niente di intelligente da dire, però parlava.

Ecco, nonostante tutto io lo preferivo così. Il silenzio avvilito di chi pensa ai bambini morti a Gaza, parole sue, ma ci pensa in silenzio e senza metterci la faccia e parlando di cose che accadono o succedono, come se non le facesse accadere e succedere qualcuno di specifico, Netanyahu, andando poi a parlare di tifoserie mi avviliscono molto, e con questo tempo che c’è oggi sopra la mia testa non ho proprio bisogno di essere avvilito da Jovanotti. Perché almeno su una cosa io e Jovanotti oggi siamo d’accordo, su Gaza non ha niente di intelligente da dire.

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Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro, stand-up comedian da scrivania. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

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