Non sono mai andato a vedere il Cenacolo di Leonardo da Vinci, lì a Santa Maria delle Grazie. Non ci sono mai andato e vivo a Milano da ventotto anni. Non sono mai andato neanche a vedere la Pinacoteca di Brera, per altro, e la terrazza sul tetto del Duomo l’ho vista per la prima e ultima volta solo tre anni fa. Non è mancanza di interesse per queste situazioni, non c’è viaggio che faccio che non preveda la visita ai principali musei come ai punti di interesse culturale che di volta in volta mi trovo di fronte. E non è neanche pigrizia. Credo sia piuttosto un dare per scontato che quei luoghi così ambiti per chiunque si trovi a passare in città, parlo della città nella quale vivo da metà della mia vita, nella quale ho messo su famiglia e dove credo di voler continuare a vivere per buona parte della mia vita, anche se sul futuro ovviamente non ho certezza alcuna, a partire dal fatto che ignoro se ne avrò uno o se ne avremo uno, parlo di umanità, credo sia piuttosto un dare per scontato che quei luoghi così ambiti per chiunque si trovi a passare in città non si perderebbe per niente al mondo, tanto sono lì a portata di mano, potrei sempre andarli a vedere domani. Non che sia una faccenda inedita, per me. Durante l’estate del 2020, per dire, quella che arrivava dopo il lock down da Covid, e prima che si passasse a quella fase agghiacciante fatta di coprifuoco e impossibilità di lasciare la propria città che ci avrebbe accompagnato fino all’estate successiva, io e la mia famiglia abbiamo deciso di passare qualche giorno di vacanze vicino alla città nella quale io, mia moglie e i nostri due figli maggiori siamo nati, Ancona. Volevo un posto raggiungibile facilmente in auto, infatti, ma che non conoscessimo, così abbiamo optato per i Monti Sibillini, dentro le Marche ma nei quali eravamo stati giusto per qualche gita in giornata quando io e mia moglie eravamo piccoli, con le nostre rispettive famiglie. Posti magnifici, certo martoriati dal sisma del 2016, incomprensibilmente ricordato come il terremoto di Amatrice, quando buona parte della zona dei Sibillini marchigiani ha subito danni irreversibili, con interi paesi destinati a rimanere abbandonati da qui in avanti, ma comunque davvero magnifici. Posti magnifici e a un’ora e poco più dalla città nella quale sono nato, e nella quale ho vissuto per ventotto anni della mia vita, sì, quest’anno sancisce il momento esatto nel quale Ancona e Milano si contendono il primato della città nella quale ho vissuto più a lungo. Primato che in realtà ancora per un po’ continuerà a avere Ancona, visto che in questi ultimi ventotto anni ho continuato a passare lì parte delle vacanze di Natale, delle vacanze estive e anche di qualche ponte, mentre nei primi ventotto anni della mia vita non avevo mai messo piede a Milano, ma primato comunque messo in crisi dal fatto che gli anni passati a Milano sono quelli della mia vita adulta, nei quali sono subentrate scelte di vita, dove ho deciso di vivere, appunto.

Non so se questa sia una condizione mia e mia soltanto, ma è pur vero che è consuetudine dire che spesso ci sfugge proprio il tesoro che abbiamo sotto il naso, esiste tutta una cinematografia a riguardo, seppur una cinematografia della quale nessuno andrebbe particolarmente fiero, anzi, che tutti vorremmo debitamente tenere occultata. Avete presente, no?, domanda retorica, quei film dove c’è il nerd che si innamora della cheerleader, bionda, bombastica, fisico scolpito che però non è in genere accompagnato da una intelligenza particolarmente brillante, né a una simpatia dirompente, lui per tutto il film a provare a conquistarla, contro ogni logica, il capitano della squadra di football come suo improbabile competitor, salvo poi riuscirci ma cambiare ovviamente idea, il testo della canzone Oro di Mango in fondo dice una gran verità, “Perché non ti elevi su di noi/ e resti lì, celeste così/ io ti vorrei immune dal sesso/ Perché ti daresti anche adesso?”, anche se qui è il colpo di teatro a cambiare decisamente la scena, l’amica e confidente che per tutto il film si è sorbita la cronaca pedissequa dei fallimenti del nerd, di colpo a dimostrarsi di una bellezza sconvolgente, i capelli liberati dalla coda a dimostrarsi vaporosi e voluminosi come neanche in una pubblicità di shampoo, via l’apparecchio per i denti, via quei maglioni larghi e goffi, a liberare un copro che la reginetta delle cheerleader neanche si sogna, l’amore pronto a trionfare su tutto. Ripeto, l’ovvio e lo scontato è spesso la via da seguire, ché ci sarà pur un motivo se certe storie finiscono esattamente come uno si sarebbe potuto immaginare sarebbero finite. Poi, sul perché si utilizzi “scontato” per definire qualcosa che si dà per assodato senza neanche bisogno di star lì a verificare, quando il verbo scontare indica altro, sia sotto forma transitiva che intransitiva, ci sarebbe da aprire un piccolo dibattito, neanche sul sito della Treccani si trova una giusta spiegazione del perché si sia arrivati a questo modo di dire.

Pur continuando a ignorare la genesi del modo di dire “dare per scontato”, l’etimologia di questo particolare uso della parola “scontato”, eccomi a ripetere che a volte, spesso, diamo per scontato che qualcosa che ci è particolarmente vicino meriti la nostra attenzione, al punto da rimandare il momento nel quale ci applicheremo a essa.

Lasciamo perdere il Cenacolo o i Monti Sibillini, quindi, giuro che per quel che riguarda Leonardo da Vinci prima o poi sopperirò a questa mia mancanza, per i Sibillini ho già provveduto, adesso vorrei spostare il discorso sulla musica, in fondo il mio campo di gioco. Lasciamo perdere anche l’amica del cuore che, sciolti i capelli dalla solita coda, sfilato l’apparecchio per denti, sfilatosi di dosso il maglione oversize, si dimostra in tutta la sua bellezza, non siamo dentro un film teen di quelli americani, e io la mia amica del cuore di quando ero teen l’ho sposata, ma lei non portava i capelli raccolti a coda e era palesemente bella, lo è ancora.

Oggi voglio parlare di una bellezza e una eccellenza che come italiani, Dio come amo questi patriottismi, abbiamo avuto la fortuna di avere tra noi e per noi, e che come nelle peggiori tradizioni, e di cui non siamo stati in grado di prenderci cura come avremmo dovuto e potuto. Uso un plurale, nel dire, “avremmo”, proprio per spirito patrio, sia chiaro, perché io personalmente, e immagino buona parte di voi che leggete, non siamo mai stati parte di questo discorso, per questioni meramente anagrafiche e perché non eravamo tra quanti avrebbero potuto e dovuto prendersene cura in prima persona. Parlo di Mia Martini, per chi l’ha amata, in vita o post-mortem, Mimì. Una grande artista con una voce incredibile, capace di creare emozioni anche nei cuori più aridi, uccisa dalla cattiveria di un ambiente impietoso e troppo spesso ostile, oltre che dall’indifferenza. Ivan Graziani, altra eccellenza che troppo velocemente abbiamo messo nel dimenticatoio, cantava “Maledette malelingue” e mai come nel suo caso quella modalità sembra applicabile, le voci che si fanno lame affilate capaci di tagliare a fette anche il cuore più grosso. Proprio il recentissimo caso di Paolo Mendico, di cui parlavo giusto ieri qui https://361magazine.com/la-morte-di-paolo-mendico-e-luomo-con-la-pioggia-dentro/, ragazzino di soli quattordici anni spinto al suicidio dalle malelingue di chi lo circondava e avrebbe dovuto essergli amico o addirittura insegnante dimostra come, a distanza di trent’anni dalla morte, la lezione che la vicenda di Mia Martini avrebbe dovuto impartirci non è andata a buon fine. Ancora oggi di parole si muore, di infamie si muore, di indifferenza si muore.

Anche per non perdere di vista questo aspetto attualissimo e importantissimo, ma soprattutto per ricordare che grande artista è stata, il 20 settembre, giorno del suo compleanno, fosse stata ancora tra noi avrebbe compiuto settantotto anni, presso il Teatro Manzoni di Milano andrà in scena il concerto Buon Compleanno Mimì. Sul palco si alterneranno artisti del calibro di Anna Tatangelo, Arisa, BigMama, Cioffi, Ermal Meta, La Rappresentante di Lista, Luisa Corna, Nina Zilli e Settembre, con Luisa Corna nelle vesti di presentatrice. A accompagnare gli artisti la band coordinata da Luca Colombo, con la sezione ritmica di Alex Polifrone e Paola Zadra, le chitarre di Alberto Orsi e Ettore Gianni, le tastiere di Stefano Genilini. Per chi non potesse presenziare lo spettacolo sarà trasmesso in diretta da Radio Italia a partire dalle ore 20:45.

Un concerto che sarà anche un momento per ricordare, attraverso le parole e gli aneddeoti di Leda e Olivia Bertè, sorelle di Mimì, la grande artista, provando a tenerne vivo il ricordo. Non siamo stati capaci di prenderci cura di Mia Martini quando era viva, impegniamoci almeno di farlo nei confronti dell’eredità musicale che ha lasciato.