Il caso Bova: Monzino cambia versione, emerge un nuovo dettaglio

Il caso Bova: tra ricatti digitali, battaglie legali e privacy violata emerge un nuovo dettaglio 

Quella che sembrava una normale estate di cronaca rosa si è trasformata, per Raoul Bova, in una vicenda giudiziaria complessa e dai toni drammatici. Un intreccio di audio privati diffusi senza consenso, presunti ricatti, indagini della Procura e tensioni familiari che ha monopolizzato le pagine dei giornali e i social network. Tutto inizia quando l’attore riceve messaggi da un numero straniero: richieste di denaro e velate minacce di pubblicare conversazioni private con la modella Martina Ceretti. Pochi giorni dopo, frammenti di quegli audio cominciano a circolare sul web, alimentando una tempesta mediatica.

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A difendere l’attore è l’avvocatessa Annamaria Bernardini de Pace, già nota per le sue battaglie in diritto di famiglia. Ma il fronte legale si allarga: Rocío Muñoz Morales, ex compagna di Bova e madre delle sue due figlie più piccole, chiede l’affido esclusivo, sostenendo che l’esposizione mediatica e i recenti fatti non garantirebbero un contesto sereno per le bambine. Il “caso Bova” è molto più di una storia di cronaca rosa: è un esempio di come, nell’era digitale, la privacy possa essere violata in pochi secondi e usata come arma, con effetti che travalicano la vita pubblica per incidere profondamente su quella familiare.

Stando a quanto riporta Leggo.it Monzino cambia versione e al Corriere della Sera rivela: «Quella volta non ho consegnato nulla. Solo dopo ho scoperto che indossava un cappellino con una telecamera nascosta e stava riprendendo tutto. Me lo ha scritto lui stesso su WhatsApp».

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