Parla la vedova dell’ex Presidente della Repubblica
Franca Ciampi, vedova dell’ex Presidente della Repubblica Italiana, oggi compie, 18 dicembre, 105 anni. Qualche «acciacchetto», come li definisce il figlio Claudio, e una riduzione dell’udito che si accentua «quando vuole lei». Per il resto, l’ex first lady, come dimostra in un’intervista concessa a Corriere, è in buone condizioni, vigile e attenta come gli italiani la ricordano accanto a Carlo Azeglio Ciampi negli anni del Quirinale.
Nella casa romana si lavora ai preparativi per la festa, ma tutto avviene con discrezione per non affaticarla. Lei osserva e raccomanda: «Non dovete strafare». Più che le celebrazioni ufficiali, conta la dimensione familiare: «Ciò che mi preme è di trascorrerlo con i figli, i nipoti e i bisnipoti. Perché sono bisnonna da un pezzo. Anche il mio Carlo era orgoglioso di esserlo diventato, prima di andarsene, ormai nove anni fa».
Il compleanno diventa anche un’occasione per tornare con la memoria al passato. Franca Ciampi non soffre di amnesie e lo sottolinea con semplicità: «Sì, grazie al cielo». Ricorda volentieri «una vita intera. Una vita lunghissima, piena di speranze e svolte inattese», che ama condividere con la famiglia.
Lo sguardo resta però ancorato all’attualità. Di fronte alle guerre e alle tensioni internazionali, l’ex first lady esprime preoccupazione: «Sono giorni davvero bui, che mai avrei immaginato di dover in qualche modo rivivere». Il pensiero va soprattutto ai più giovani: «Penso ai miei nipoti e bisnipoti e a tutte le nuove generazioni di questo nostro mondo. C’è da sentirsi smarriti».
Con l’età avanzata, la perdita degli affetti diventa inevitabile. «Certo, gli amici miei e di Carlo di un tempo non ci sono più, e mancano a me come mancavano a lui». Ma Franca Ciampi chiarisce di non sentirsi sola: «Vivo circondata dall’affetto dei miei cari». Centrale resta anche la dimensione religiosa: «Sono molto religiosa e non direi che quelli che lei chiama temi spirituali si siano acuiti. Sono sempre presenti», come parte di un costante «processo di introspezione anche morale».
Ripensando agli anni al Quirinale, respinge l’idea di una strategia comunicativa studiata a tavolino: «Fu un settennato incredibile, che ha segnato positivamente entrambi». Ma precisa: «Non ci fu proprio nulla di studiato, mai, da parte nostra». La loro, sottolinea, era una normalità rivendicata: «La famiglia Ciampi è come tante altre famiglie italiane, fatta di cittadini comuni».
Accanto ai momenti più alti, come l’impegno di Carlo Azeglio Ciampi nel rafforzare il senso di appartenenza nazionale, ci furono anche delusioni. «È vero, certe scelte lo avevano deluso», ricorda, facendo riferimento anche al titolo di uno dei suoi ultimi libri, Non è questo il Paese che sognavo. Ma quei momenti venivano compensati da altre esperienze: «Il viaggio in Italia, più di cento tappe», pensato come una «pedagogia repubblicana» per contrastare le divisioni.
Tra i ricordi più dolorosi c’è l’attentato di Nassiriya, costato la vita a una ventina di militari italiani impegnati in missione di pace. «Eravamo in visita ufficiale negli Stati Uniti, in quelle ore, e Carlo volle rientrare al più presto per i funerali». Un dolore che si è sommato a quello più profondo: «Il suo dolore più grande, che è il mio di adesso, è l’amarezza per il fatto di lasciare ai giovani un mondo peggiore».




