Giornalisti che abusano del loro potere e storie di mele marce

L’omertà è complicità.

Il problema di far parte di una categoria è che volente o nolente quella categoria ti rappresenta e tu rappresenti lei, e questo è un bel fardello da portarsi dietro, anche perché questo significa che ogni tua azione non determina solo te stesso ma tutto un intero gruppo.
Ecco, io so di essermi sempre comportata con enorme rispetto e correttezza facendo questo lavoro, sia relazionandomi con gli altri, sia scrivendo, ho sempre verificato le informazioni, ho ponderato le parole e sono sempre stata il più oggettiva possibile.
Non tutti però hanno questo tipo di coscienza, e si vede, e si legge.
Altri, addirittura, abusano di questo potere, e ne approfittano per ricevere quello che vogliono, soprattutto quando ci troviamo davanti degli uomini che non sanno relazionarsi con le donne, è sempre questo alla fine il problema di base.
In giorni come questi, in cui sentiamo di continuo parlare di femminicidio, parlare di come un uomo si approfitti del suo ruolo per infastidire una donna può risultare il male minore, ma in realtà penso parta tutto da là.
Dal sentirsi in diritto di sminuire una donna, di soggiorgarla, di vederla solo come oggetto del nostro desiderio.
Okay, ora dopo tutto questo cappello introduttivo, vi chiederete di cosa sto parlando?
Purtroppo parlo proprio di uno di noi, di un giornalista musicale, che si occupa di cultura, di recensioni, proprio come faccio io, proprio come fanno tanti altri, che ha abusato di questo potere per infastidire una cantautrice, che rispetto a lui si sentiva piccola, emergente, e quindi in difetto, come se dovesse rispondergli, come se non avesse possibilità di farsi sentire, di ribellarsi, di raccontarlo, perché chi crederebbe a lei? Chi non la giudicherebbe? Chi non lo vedrebbe come un disperato tentativo di farsi notare?
Beh io no, io no, non solo perché sono una donna a mia volta, e perché sono giovane a mia volta, ma anche perché anch’io in passato ho vissuto una situazione del genere, e so bene cosa vuol dire essere vittime di un abuso di potere.
Il problema è che come lui ho scoperto che ce ne sono tanti, e che storie come quella di questa cantautrice è pieno, e io, ingenuamente, forse per speranza, ho preferito fino ad ora non vedere, o credere che chi scrive di cultura, non avesse neppure il pensiero di usare tale potere contro la cultura stessa.
Quando ho letto i messaggi che questo giornalista, anche se adesso fatico a definirlo tale, ha scambiato a questa ragazza sono rimasta agghiacciata, dalle parole usate, ai vezzeggiativi fuori posto, alle richieste assurde di incontro del tutto inopportune, alle continue sollecitazioni all’ubriacarsi insieme, chissà poi per far cosa, ripeto: situazioni che speravo non esistessero.
Quando ho iniziato a parlare, ad approfondire la situazione e scoprire che non era una cosa sporadica il mio primo pensiero è stato: devo fare qualcosa.
Non perché io abbia la sindrome della crocerossina, anche forse, ma perché io in questo momento, con questo ruolo, ho una posizione di potere, e non vedo perché non usarla proprio contro chi ne abusa, chi meglio di chi ci è dentro al sistema?
Mi sono chiesta poi, quanta gente ho incontrato in questi anni, che fa il mio stesso lavoro, che ne ha approfittato?
Chi lo sapeva e ha finto di niente?
E chi, come me, non aveva idea, forse un po’ sognante?
È chiaro che i nomi non posso farli venire fuori io, è chiaro anche che fosse per me lo farei, ma non sarebbe comunque il senso del discorso, perché come lui ne è pieno, e quello che deve partire ora deve venire da più in alto di me, deve partire dalle testate dei giornali che se sono a conoscenza di queste situazioni, devono prendere posizione.
Devono partire dai giornalisti potenti, che se sono venuti a contatto con queste situazioni, devono prendere posizione.
Devono venire dalle vittime che se la sentono, quando se la sentono, a spalleggiarci, e prendere una posizione.
Perché non parlare, perché non recriminare, perché non disdegnare, non criticare e non denunciare equivale alla complicità.
L’omertà non è mai una scelta, in tutto.
Non scegliere equivale a scegliere.
Il nostro, l’ho detto più volte, equivale a un potere, un privilegio, una forte opportunità, e io voglio sfruttarla per chiedervi: se sapete, unitevi a me, e parliamo.
Se sapete condanniamo e affossiamo chi si fa amico e poi obbliga le ragazzine a uscire in cambio di recensioni positive.
La tua penna non può darti il diritto di indebolire una persona, una parola negativa in cambio di un rifiuto fa di te solo un piccolo codardo, non un professionista.
All’inizio di questa storia avevo pensato di mollare, perché mi ero sentita complice, complice di un sistema che lascia impunite persone come lui, persone che solo perché sono seguite, lette e ascoltate, pensano di poter minacciare o ricattare le ragazze.
Se sei una cantautrice e hai vissuto, vivi o vivrai una cosa del genere, non avere paura, non cedere a ricatti, non sentirti obbligata e parla, ci sarà sempre qualcuno come me disposto a crederti e aiutarti, ci sarà sempre qualcuno come lui a pensare di essere più forte, ma non dobbiamo dargliela vinta.
Dobbiamo ribaltare il sistema musicale, dobbiamo ribaltare il sistema giornalistico, che un privilegio venga solo usato consciamente, e se la coscienza non ce l’hai, fuori.
Questo pezzo vuole essere un invito, questo pezzo vuole essere un manifesto, questo pezzo vuole essere un inizio di rivolta.
Contro chi toglie la voce, contro chi abusa del suo potere e contro chi perpetua misoginia.
Unitevi, cantanti, addetti ai lavori, giornalisti, denunciamo, perché quello che è accaduto è gravissimo, e dovrebbe mettere in discussione tutti noi.
Me in primis, che mi chiedo cosa avrei potuto fare in questi anni.
E per finire, parlo a te, e ai tanti voi che avete abusato di questo potere: scrivere, e farsi leggere è un privilegio, avere i numeri, essere coperti da un giornale, avere i follower su Tik Tok, non ci protegge, perché prima o poi la maschera cade.
E queste azioni avranno delle conseguenze.
L’omertà è complicità.
(Ps. Attenzione che spesso è sempre chi sembra il più buono di tutti a puzzare dall’interno)
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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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