
Immaginatevi a Chicago, davanti a quadro di Hopper, quello che preferite, “Interior” per esempio, lo scrutate attentamente e mentre siete lì, assortiti dalla visione, vi mettete in cuffia un brano di Franco126.
A quel punto, non vi sembrerebbe la colonna sonora perfetta?
Come se i suoi brani e quei quadri combaciassero all’unisono.
Forse una spiegazione c’è e ora ve la spiego, ma prima facciamo un passo indietro per chi si fosse perso Franco126 e le sue ultime uscite.
Se siete stati dei veri fan dell’indie italiano, quello a partire dal 2016, quello vero per intenderci, conoscerete Franco126.
Io sono Fan dell’indie da quando avevo 15 anni, da quando ho scoperto I Cani, e poi a seguire Calcutta, I Baustelle, Frah Quintale, Canova, Motta, Gazzelle, insomma tutto quel panorama che faceva parte di un immaginario nel quale Franco126 si è posizionato benissimo all’interno.
Franco126 l’ho conosciuto nel 2018 per il progetto, con Carl Brave, “Polaroid 2.0”, ma l’anno successivo, 2019, quando è uscito da solista con l’album “Stanza Singola”, mi ha definitivamente stregata e da allora non ho più smesso di essere una sua fan, anche se i miei gusti con il tempo sono mutati, quell’album continua a lasciarmi addosso sempre le stesse sensazioni che ho provato per la prima volta a 17 anni, quando era appena uscito.
Ora ne ho 23, potete immaginarvi dunque la potenza.
Dopo “Stanza Singola” c’è stato “Multisala” nel 2021 e ora, dopo ben 4 anni, finalmente ha fatto uscire un nuovo album, “Futuri Possibili”.
Il filo conduttore di questi 3 album c’è, è ben presente e anche ben visibile a un occhio attento, ed è la sensazione di malinconia, di assenza, ma un’assenza quasi dolce e nostalgica.
Ripercorre sempre quei luoghi comuni e quelle situazioni che tutti nella vita abbiamo vissuto, con dei riferimenti visivi che ci fanno immergere meglio all’interno di quelle scene.
Basta pensare a Nuvole di Drago, Vestito a Fiori e Quattro Fermate, tre canzoni diverse, di tre album diversi, ma che seguono tutte una storia che si potrebbe riallineare a distanza di anni.
La sensazione di questi 3 brani è la stessa, una tristezza che però è cullata dal contesto.
Esattamente come nei quadri di Hopper.
E qui torniamo all’inizio, quando vi ho invitati a immaginarvi davanti a un quadro di Hopper, con un pezzo di Franco126 nelle orecchie.
Ho sempre avuto la sensazione, ascoltando Franco126, di familiarità, ma i puntini si sono collegati quando mi sono messa a osservare anche l’ultima copertina dell’album e lì ho compreso che il senso di familiarità veniva proprio da un pittore che avevo tanto studiato, Hopper per l’appunto, perché Franco126 è stato molto influenzato dalla sua arte, e non solo nella sensazione che trasmette attraverso i pezzi, che è la medesima che il pittore a inizio ‘900 trasmetteva attraverso i suoi quadri, ma l’influenza è lampante anche da tutte e tre le copertine degli album, che in modo implicito sono ispirate e fanno riferimento a un quadro di Hopper, ognuna un quadro differente.
Se facciamo un salto indietro e guardiamo la prima, per esempio, “Stanza Singola”, vediamo Franco seduto su un letto, con luci basse e soffuse e colori caldi, aranciati.
Lo sguardo di Franco è basso e malinconico e il tutto ricorda moltissimo “Hotel Room”, quadro del 1931.
Il titolo è il primo indizio che il cantante ci lascia, ma anche la posizione del corpo, del viso e delle mani giunte.
Nel secondo album, “Multisala” troviamo Franco seduto in una sala di un cinema vuota, e lui illuminato al centro, visibile solo di profilo, una scena simile possiamo trovarla nel quadro di Hopper “New York Movie” del 1938, dove troviamo una donna illuminata, a un angolo di una sala del cinema, illuminata e visibile solo di profilo.
E nell’ultimo, “Futuri Possibili”, uscito adesso, troviamo Franco all’esterno di una roulette, sui toni scuri, di notte, con una finestra accesa che illumina solo un tavolino con delle sedie, le similitudini le possiamo trovare con uno dei quadri più celebri di Hopper, ovvero “Nottambuli”, del 1942, dove ci troviamo all’esterno di un bar, noi spettatori di queste persone malinconiche, il paesaggio è tetro, con colori scuri e dall’ambientazione notturna, mentre l’unico angolo illuminato è proprio il bancone del bar.
Franco126 ci porta, attraverso le sue copertine, in un ambiente malinconico, ben studiato e creato ad hoc per farci entrare in connessione con i suoi album, che sono altrettanto introspettivi, solitari e nostalgici, al punto giusto, da farci sentire cullati dalle sue parole e da queste situazioni per noi tanto familiari quanto riconducibili alla vita di ognuno di noi.
Ecco perché Franco126 sarebbe il sottofondo perfetto da mettersi in cuffia mentre si osserva un quadro di Hopper.