Nel cuore della Sila c’è un lago, il lago di Cecita, nei pressi di Carmigliatello Silano, dove il 2 e 3 agosto si terrà un Festival molto ma molto suggestivo, il Be Alternative. Un Festival che prevede una immersione totale nella natura, il palco col lago alle spalle e il pubblico sulla spianata circostante già da soli a fornire uno scenario incredibile, le scelte musicali sempre curate e mai scontate a fare il resto. Anche il fatto che per arrivarci tocchi abbandonare le città, i paesi, arrivando appunto in un luogo che sarebbe da definire come ameno, nel cuore della Sila, il Festival è possibile perché si tiene su un terreno privato, quindi senza dover passare da Comuni o amministrazione varie, concede, anzi, pretende, quasi una forma di ascesi, del resto ascesi e ascensione derivano dalla medesima matrice, per salire spiritualmente a volte è necessario anche arrampicarsi e puntare in alto.

Non sono mai stato al Be Alternative. Anzi, confesso che, prima dello scorso maggio, non ne avevo neanche sentito mai parlare. La Calabria è terra bellissima che negli ultimi anni sto iniziando a frequentare per il mio coinvolgimento nel pregevole progetto Music for Change, e di conseguenza a amare, ma rimane pur sempre a qualcosa come quegli ottocento, novecento chilometri da dove abito. Me ne ha parlato uno degli organizzatori, Marco Verteramo, già dietro al pregevolissimo Mood di Rende, e uno dei più strenui collaboratori di Gennaro De Rosa, che di Music for Change è ideatore e patron. Quest’anno, mi ha detto, ci saranno come sempre nomi interessantissimi, mi ha raccontato, per dire, di edizioni passate con concerti fantasmagorici di gente come i King fo Convenience, quest’anno sarà la volta Jeff Mills, Christian Loffler e Almamegretta, con Katy Fusco in apertura, il 2 agosto, e Nada, la Nina e Max Gazzè il giorno successivo. Il paese di riferimento è Camigliatello Silano, ma basta andare sui social per trovare tutte le indicazioni del caso.

Non sarò a Be Alternative, quest’anno, pur sapendo per la prima volta che Be Alternative c’è. Non ci sarò perché vivo a Milano ma ho i miei cari nelle Marche, e credo che sia importante passare qualche giorno con loro, nella mia terra natale, ciò nondimeno mi andava di segnalarlo, anche perché l’idea del concerto nel lago, certo non esclusiva del Be Alternative, ci mancherebbe, è un mio vecchio pallino. Anche quella di un concerto sul mare, a dirla tutta, anzi, direi che il pallino del concerto sul lago è figlio del pallino del concerto sul mare, ora vi spiego.

Ho sempre pensato che ci siano posti portati per loro stessa natura a diventare arene dove ascoltare musica dal vivo. Perché sono luoghi talmente belli da richiamare di loro la bellezza, quindi a predisporre chiunque lì si trovi a vivere già in partenza un’esperienza importante. Mi è capitato di pensarlo in quello che vi ho raccontato giorni fa come la mia Big Sur, ai piedi del Monte Conero nella spiaggia di Mezzavalle e nella contigua baia di Portonovo, un bel concerto all’alba, su una barca, il pubblico in acqua o sulla battigia, alle prime luci dell’alba, che incidentalmente vuole il mare a sorgere proprio lì, sarebbe qualcosa di speciale, unico. Certo, toccherebbe tirare dentro la capitaneria di porto, e sarebbe comunque un casino per l’amplificazione e il resto, ma una visione è una visione, mica qualcosa di concreto e necessariamente realizzabile. Mi è infatti capitato di pensare esattamente la medesima cosa dentro un altro parco naturale, circa duecento chilometri più a sud, nella riserva di Punta Aderci, vicino a Vasto, in Abruzzo. Altra zona collinare affacciata sul mare, lì spiaggia con la sabbia, non esattamente il mio ideale, ma comunque abbastanza selvaggio da rendere il paesaggio altrimenti abbastanza monotono dell’Adriatico, lato italiano, qualcosa di speciale. Ci siamo andati una notte a vedere le stelle, una camminata organizzata da una qualche associazione locale, e devo dire che è stata esperienza che ancora ricordo con grande emozione, saranno passati una decina d’anni almeno. Ne ho anche parlato con gente di Vasto che opera nel campo culturale, come spesso capita in provincia c’è gente che si spende molto organizzando situazioni molto belle, ma sembra appunto che il mix “riserva naturale” e “capitaneria di porto” sia davvero qualcosa di inesorabilmente insuperabile. Cioè, i Pink Floyd hanno suonato sulla laguna di Venezia, per altro devastando tutto, e fare un concertino in acustico a Punta Aderci o a Mezzavalle sembra impresa che richieda l’imprimatur del Papa e l’intervento dei servizi segreti, e non state lì a dirmi che i Pink Floyd sono i Pink Floyd e avevano già avuto a disposizione Pompei, lo so bene anche io, ma anche le duecento e passa mila persone che sono accorse per sentirli erano duecento e passa mila persone, mica le centinaia che i concertini che avevo in mente io avrebbero attirati a sé. Per questo a un certo punto ho provato a pensare a una alternativa, sono un visionario e quando mi prefiggo di fare qualcosa, in genere, prima o poi la faccio, per questo, dicevo, a un certo punto ho provato a pensare a una alternativa, una alternativa che scavalcasse di peso il problema della capitaneria di porto. Con la capitaneria di porto di Ancona, lo racconto en passant, ci avevo avuto a che fare in un passato che definire remoto non rende l’idea, prima addirittura che io cominciassi a scrivere, nel senso di scrivere pensando che la scrittura sarebbe diventata il mio mestiere, parlo dei primi anni Novanta. Ai tempi suonavo in una band hardcore, gli Epicentro, band fondata nel 1992 insieme ai miei fraterni e antichi amici Roberto Bartola, Giacomo Curzi e Massi Di Prenda, il solo Roberto a rimanere poi in lineup insieme alle new entry Emanuele, Michele e Lorenzo, per qualche tempo a impreziosire le nostre sgangherate canzoni col suo sax, inutile dire che l’ispirazione arrivava da Iggy Pop per questo inserimento. Io suonavo la chitarra e avevo scritto con Giacomo quella che poi sarebbe diventata la nostra hit, il nostro “topo di battaglia”, dicevamo parafrasando il claim “cavallo di battaglia”, Pentigano’, brano irriverente che, col solo titolo in dialetto anconetano, intendeva mettere alla berlina la borghesia benpensante incarnata dalla signora che nel palazzo nella cui cantina provavamo veniva costantemente a interromperci non appena attaccavamo a suonare, reclamando per il troppo rumore. Con quella band sgangherata ci eravamo iscritti a un contest dal nome Note di Pace, organizzato dalla Diocesi di Ancona e Osimo. Io ci avevo già partecipato con un’altra band, i Nuanda, dal nome del protagonista de L’Attimo Fuggente, e ci eravamo piazzati anche abbastanza bene col brano Cosa vuoi, di cui firmavo testo e musica, stavolta volevamo andare oltre, praticando quel situazionismo che ancora nessuno di noi sapeva avesse esattamente quel nome, non sono certo che a oggi tutti gli altri componenti della band ne siano stati messi al corrente. Note di Pace, in nomen omen, era un contest che prevedeva la partecipazione di band o cantanti della zona che presentassero canzoni il cui tema centrale era appunto la pace. Niente di strano. Erano gli anni della guerra in Iraq, parlare di pace stava cominciando a essere abbastanza urgente. Noi avevamo deciso di presentare una canzone finta, con un testo molto impegnato, salvo poi presentarci sul palco con un brano dal titolo Cazzo signor tenente, chiaramente un brano che facesse il verso a Signor Tenente di Faletti, da poco presentata al Festival di Sanremo. Una canzone che parlava di due ragazzi fermati da una pattuglia dei carabinieri, due ragazzi vessati da quella pattuglia, che gli sequestrava della marijuana e poi se la fumava. Il tutto era corredato da magliette con scritto “La marijuana non ha mai ucciso nessuno, le armi sì”. Detto che nessuno di noi fumava, io non ho proprio mai fumato in tutta la mia vita, e così credo anche gli altri, non riesco a ricordare cosa ci avesse spinto a fare una cosa del genere in un contest organizzato dalla Diocesi, quindi nell’ambito della chiesa. Se ci mettete che mio padre è diacono, quindi parte di quella stessa Diocesi, la faccenda prende strane dinamiche. Eravamo pronti a questo gesto situazionista, quindi, ma don Fausto, il sacerdote che seguiva il contest e che era il responsabile delle politiche giovanili della Diocesi, dubito si dica così ma ci siamo capiti, capì le nostre intenzioni. Ho ancora sospetto che qualcuno abbia fatto la spia, ma lo dico pasolinianamente senza prove. Di fatto nel giro di pochi minuti siamo stati convocati e estromessi dal contest, questo il giorno prima della finale. Un duro colpo, cui abbiamo reagito da situazionisti, ancora senza sapere che il situazionismo fosse stato pensato per la prima volta parecchi anni prima. La finale di Note di Pace si teneva in quella che ai tempi era la Fiera della Pesca di Ancona, a pochi passi dalla Mole Vanvitelliana. Per intendersi, la Mole Vanvitelliana è quella costruzione pentagonale che si trova nelle vicinanze del porto di Ancona, lungo la strada che al porto conduce se si arriva da nord, costruzione che nel tempo è stata prima adibita a Lazzaretto dove ricoverare chi arrivava via mare in città, e recentemente a ambizioso polo culturale di Ancona. Ultimamente mi capita spesso di vedere una immagine, per altro esagonale, posta in mezzo al mare, immagine chiaramente fatta con l’intelligenza artificiale, che spiega agli utenti di Instagram come in Ancona ci sia appunto questa strana costruzione, solo che in quella immagine il Lazzaretto è appunto con sei lati, anche se presentato come pentagono, e si trova circondato solo dal mare, mentre il vero Lazzaretto è attorniato da barche e comunque dentro un braccio di mare chiuso, adibito a porto peschereccio. Ecco, la Fiera della Pesca sta proprio davanti al Lazzaretto, il porto peschereccio nel mezzo. La nostra idea, mutuata dai Sex Pistols, quella di salire su una barca e fare un concerto lì, nell’acqua, mentre la gente stava entrando alla Fiera per assistere alla finale di Note di Pace. Come i Sex Pistols sul Tamigi, durante il Giubileo della Regina Elisabetta II. Solo che qualcuno ci ha informato che le acque del porto sono di competenza della capitaneria di porto, appunto, e che se mai avessimo deciso di suonare senza avere autorizzazione nel giro di poco sarebbero arrivati i gendarmi e ci avrebbero arrestato, altro che Cazzo signor Tenente. Tutto molto figo, intendiamoci, pochi mesi prima sempre davanti alla Fiera della Pesca eravamo stati quasi tutti, sicuramente io, Roberto e Emanuele, fermati dalla Digos che ci aveva segnalato come anarchici insurrezionalisti perché stavamo protestando contro Silvio Berlusconi, arrivato in città per il famoso discorso dello “scendere in campo”, avvenuto proprio lì dentro. Silvio Berlusconi che nessuno di noi aveva visto, in quell’occasione, perché arrivato in elicottero mentre noi manifestavamo nella strada antistante. Segnalazione alla Digos avvenuta, per altro, mentre io stavo svolgendo i tre mesi suppletivi di obiezione di coscienza previsti dalla Caritas, che non si limitava ai classici dodici, ma ne chiedeva tre in più non ho mai capito perché. Ogni santo sabato a fare incontri a Osimo per un anno, prima di cominciare poi il mio servizio il giorno di San Valentino del 1994, i fatti narrati sono di novembre 1993.

Volendo evitare di essere arrestati laddove ci avevano già schedati, abbiamo optato per non suonare in mare, peccato, preferendo il gesto sempre situazionista ma meno rischioso di offrire un bicchiere di vino rosso a tutti quelli che entravano, una damigiana da venti litri del vino fatto dallo zio di Roberto, il mitico zio Remo che per anni ci ha poi ospitato sulla soffitta della sua fabbrichetta proprio dietro la Fiera della Pesca, sala prove molto industrial.

Quindi, tornando a noi, niente concerto a Punta Aderci, niente concerto a Mezzavalle, niente concerto al Mandracchio, questo il nome dello specchio d’acqua adibito a Porto peschereccio di Ancona. Ma perché non fare un concerto in un lago, tanto più un lago poco o affatto frequentato?

È quello che ho pensato quando mi sono trovato a passare dalle parti del lago di Gerosa, nei pressi di Comunanza, lungo la strada che dal mare porta verso i Monti Sibillini. Un piccolo e delizioso lago artificiale, l’acqua artificialmente azzurrissima, la spiaggia che arriva dopo un prato sul quale è possibile fare picnic come appoggiare teli da mare, in questo caso da lago, i monti all’orizzonte, e degli alberi ogni tanto a fare ombra. Un posto magnifico, assolutamente poco frequentato, per non dire per nulla. Anche arrivarci è una piccola impresa, perché a un certo punto lungo la strada tocca prendere una strada sulla sinistra, se si va verso i Sibillini, molto stretta e poco visibile, per poi arrivare a una radura che funge da parcheggio, di lì si prosegue a piedi per qualche centinaia di metri, nella pace e nel silenzio.

La prima volta che ci siamo stati, nel 2020, mentre stavamo facendo lì il bagno, giusto il tempo di abituarsi al terreno scivoloso sotto i piedi, benché io viva a Milano, città circondata da laghi mi sono sempre rifiutato di fare il bagno in luoghi che non fossero il mare o una piscina, almeno fino al Covid che ci ha tenuti per mesi lontani dal mare e chiusi dentro il recinto della regione nella quale siamo residenti, per cui, mentre stavamo facendo lì il bagno, giusto il tempo di abituarsi al terreno scivoloso sotto i piedi, abbiamo visto arrivare sopra le nostre teste e poi a pelo d’acqua lì sul lago di Gerosa un CanadAir che sarebbe poi andato a cercare di spegnere un incendio non troppo lontano da lì, operazione ripetuta per tutto il tempo che ci siamo stati. Ciò nonostante ci siamo innamorati di questo posto incantato. Al punto da esserci tornato, con amici, un paio di anni dopo, senza aerei nei pressi, e da aver proposto a Serena Abrami, cantautrice di Civitanova, quindi sempre della mia stessa regione, di ipotizzare un concerto reading con me da quelle parti, lei accompagnata dalla sua band, i Leda, io coi miei fogli appresso. Idea che è piaciuta subito anche a lei, seppur qui le difficoltà sarebbero di altro tipo, come portarsi a mano un generatore di corrente, portarsi dietro una barca, o un palco, roba del genere. Un progetto visionario, anche questo, che come tutte le visioni resterà tale o col tempo prenderà forma e si realizzerà.

Per ora io di concerto in mare ci ho visto solo lo spettacolo legato al cantautorato di Luigi Friotto, a Montesilvano, ormai una decina di anni fa buoni. Uno spettacolo davvero raffinato e complesso, con ballerini che spuntavano fuori dall’acqua, la band a suonare sopra una chiatta ancorata sul bagnasciuga e noi, il pubblico, a pochi passi sulla spiaggia. Un grande spettacolo che però non beneficiava di un grande panorama, la spiaggia di Montesilvano, non me ne vogliano, non ha nulla di eccezionale sotto questo profilo. Stando a quel che vedo così non si può dire del lago di Cecita, dove il 2 e 3 agosto si terrà il Be Alternative Festival. Se ci andate non ve ne pentirete, e nel caso invece passaste per la strada che porta dal mare verso Comunanza, e più su verso i Monti Sibillini, beh, gettate lo sguardo verso quello specchio d’acqua azzurrissimo che risponde al nome di lago di Gerosa, sia mai che non ci sia qualcuno che finalmente sta facendo un concertino sull’acqua anche da quelle parti.