Cultura per pochi: Edoardo Prati l’esempio dell’elitarismo intellettuale?

Ultimamente si è aperto un dibattito interessante sul ruolo e la figura dell’intellettuale moderno, l’intellettuale dei giorni d’oggi, e di quanto, troppo spesso, sia un mero cosplay di sé stesso.
Io ci ho riflettuto un bel po’ e sono arrivata alla conclusione che in parte sia vero, ma non per i motivi che ho trovato citati online.
Ho letto come esempio principale di questa critica la figura di Edoardo Prati, star dei social e non solo, considerato l’influencer culturale per eccellenza, che adesso porta in giro per i teatri il suo spettacolo teatrale, “Cantami d’amore”, e che è ospite fisso da Fabio Fazio a “Che Tempo che fa”.
La critica che gli veniva posta è il fatto di essere una caricatura di sé stesso, una caricatura forzata della figura dell’intellettuale, quasi un “cosplay” di quello che è l’intellettuale, usato dai media, dalla tv, e dagli anziani, come contrapposizione a chi segue le scie della trap e di quei mondi lì, i “maranza”, e chi si distacca completamente da quel immaginario che Edoardo ci mostra fieramente, con la camicia sempre stirata e gli occhiali che danno quell’aspetto serio e autorevole.
Questo è quello che ho letto in giro ma non sono sicura sia questo il punto.
Non sono sicura sia questa la metodologia di attacco corretta.
Come fossero due fazioni e come se, l’abito, facesse la sostanza, in questo caso l’abito colto, da radical chic, ma di quelli impegnati, di un certo tipo.
Mi sembrava inizialmente un discorso assurdo, senza senso, non vedevo l’attinenza dei panni di Edoardo Prati a una sorta di lotta classista verso una tipologia di giovani, poi ho guardato bene il quadro e tutto mi è sembrato più chiaro.
Finalmente capivo quello che intendevano e come Edoardo Prati fosse solo una pedina di un problema effettivamente più profondo.
Il problema non è di fatti lui, ma quello che con lui vogliono rappresentare, Fazio e chi, come lui, cerca di portare Edoardo come esempio da seguire, quasi fosse un personaggio di un circo e non una persona pensante, assurdo poi visto ciò che in realtà rappresenta.
A me Edoardo Prati non dispiace, lo dico subito prima di venir fraintesa, ho guardato più volte i suoi video con piacere e trovo ammirevole il suo intento di promuovere la cultura portandola un po’ in dei contesti in cui è inusuale, però, c’è un gran però c’è.
Da persona che ama, studia e divulga (per quanto può) cultura in tutte le sue forme, vendendo come viene presentato e affiancato, mi sembra effettivamente possa diventare la caricatura di un immaginario comune dell’intellettuale, e per quanto questo possa risultare simpatico, o magari, normalizzante, in realtà porta ancora più distacco da quel tipo di ambiente culturale e accademico che da sempre risulta un élite per pochi.
La cultura fa paura e chi non si sente colto la odia, e questo anche perché per anni e anni la cultura è stata davvero una cosa per pochi, per ricchi, ed è così che si è creato un netto distanziamento da chi poteva permettersela e chi la vedeva come un optional, come un hobby e niente di più.
Dopo tempo la cultura è rientrata nella normalità, anzi è diventata un obbligo, attraverso l’istruzione, ma impoverendosi, e si è passati da pochi ma molto colti, a tutti ma di base con poca profondità di competenze e informazioni.
Insomma la cultura, diventata fruibile da tutti, aveva stancato, di nuovo il metodo non funzionava, di nuovo c’era un distanziamento.
L’analfabetizzazione, che da tempo era quasi sparita, improvvisamente ha ripopolato le strade, i paesi, il tasso di abbandono scolastico aveva ripreso ad aumentare, ed ecco lì che arriva per magia un personaggio come Edoardo Prati che attraverso i social (mezzo che tutti abbiamo e utilizziamo) ha reso la cultura pop, interessante, appetibile e vendibile, tutto perfetto.
Ecco quindi che Fazio lo invita, che Fedez lo invita, che i teatri lo invitano, e lui ci va, e a mio avviso fa bene, perché lui è bravo e non è lui il problema, il problema è che di nuovo, chi dovrebbe pensare a una vera soluzione si fa abbagliare da luci momentanee che non risolvono l’evidente difficoltà che l’Italia ha con la cultura e l’istruzione.
I prezzi folli delle università, dei libri, dei musei, delle mostre, dei teatri, dei concerti, la chiusura dei cinema, le poche opportunità di lavoro di questo mondo, creano il buco che ha portato la gente a sprofondare e abbandonare il sogno di inseguire le materie umanistiche, che sembrano inutilizzabili in un paese come l’Italia. (paradossale visto l’enorme patrimonio culturale che abbiamo)
Ecco dunque dove bisognerebbe agire, non basta invitare Edoardo Prati e farsi una risata del suo modo di parlare, non servono a niente grandi paroloni se la gente comune non ci capisce, la allontaniamo, il vero dovere di chi un potere è un ruolo ce l’ha è quello di rendere la cultura accessibile a tutti, di aprire il mondo del lavoro che la cultura può offrire e non di limitarsi a essere “tik tokabile”, non serve a niente, se non a aggiudicarsi qualche like.
I libri bisogna renderli disponibili, i musei agibili e le università accessibili.
La cultura è bella, la cultura è ampia e la cultura può essere la salvezza di un popolo, ma bisogna farlo concretamente, bisogna farlo sapendo a chi vai a parlare, sapendo di trovare un terreno fertile e buono, altrimenti si starà sprecando una vagonata di semi, in delle terre in cui non crescerà nulla.
Edoardo Prati di recente ha detto da Fazio che un libro potrebbe salvarci dalla guerra, che la cultura potrebbe essere più utile di un’arma, e io di base sarei d’accordo, ma è ancora utopistico, ed è lì che sta il problema, la gente comune non vede la cultura come un mezzo di emancipazione o salvezza, la schifa, la allontana, la schiva, la vede come un qualcosa di inutile, e non è ancora pronta ad accoglierla in una maniera così profonda e sognante, con una frase del genere si passa da caricatura di quel ruolo lì, un intellettuale che vive nel suo mondo, che vive nell’élite dei pochi che non si rendono conto dei problemi del mondo.
Questo a me fa paura, mi spaventa come possano essere male utilizzati dei temi che in potenza potrebbero davvero essere il soddisfacimento più alto dell’essere umano, diventare l’arma che scinde la società in due, in chi si sente meritevole e chi no. (e ho usato apposta il termine si sente e non è)
Stesso discorso della religione, cosa dovrebbe salvarti ti affossa, e questo periodo storico ne è la rappresentazione.
Insomma, la cultura è tutto per me, penso possa davvero essere uno strumento che muove le masse in maniera positiva, ma tutto sta nel come, e con questa modalità comunicativa si sbagliano proprio i come, la cultura deve avere un mediatore, il mediatore deve avere il compito di renderla fruibile a tutti, e qui sta l’errore del personaggio di Edoardo Prati, rimane ancora troppo per la nicchia.
La cultura non deve essere un lusso e non bisogna ghettizzarsi da soli, ecco perché ridere di chi fa divulgazione, rendendolo un fenomeno da baraccone, non aiuta nessuna delle due parti.
Forse sono solo troppo idealista, ma credo in un mondo in cui la cultura non è per l’élite, ma è davvero normalità, ma vedendo ciò che mi circonda, mi rendo conto che non è ancora quel momento.
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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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