Che l’arte nel corso del tempo abbia perso il suo ruolo, il suo status e il suo valore agli occhi dell’uomo è evidente e non opinabile, e a mio avviso, su quello ci si può lavorare poco.

Sì può, però, lavorare su come l’arte debba essere trattata e conservata, per non perdere ulteriormente la sua rilevanza.
Questo diventa ancora più evidente di fronte a una coppia di turisti, all’interno di Palazzo Maffei, a Verona, che attendendo l’uscita del personale di sorveglianza, hanno pensato bene di sedersi sulla Sedia “Van Gogh”, di Nicola Bolla, per scattarsi delle foto, probabilmente da postare.
Sedia che, inevitabilmente, essendo fatta di Swarovski e non di marmo, si è rotta per il peso del signore, che a quel punto, ha pensato bene di scappare, assieme alla sua compagna.
Ovviamente le telecamere hanno ripreso il tutto, rendendo la scena quasi sul tragicomico, che sul tragico e basta.
Ci sono molteplici dinamiche a rendere questa vicenda grave e criticabile, la prima, è ovviamente, riferita alla distruzione dell’opera d’arte, che è dovuta passare dal restauro, evitabilissimo in caso contrario, la seconda è più per una questione dolce amara, ovvero: come siamo passati dal vedere l’arte la più alta concezione di rapporto uomo-dio al definirla come puro intrattenimento, adatto a farsi una semplice risata la domenica pomeriggio, al scattarsi una foto buffa da pubblicare sui social, al danneggiarla senza neppure riflettere simbolicamente sul cosa ho rovinato?
Perché non si parla più solo della scultura di Bolla a essere stata danneggiata, ma dell’arte in sé.
La riflessione sarebbe da porre alle molteplici parti, la parte dei turisti e visitatori, la parte delle strutture poste a tutelare e esporre le opere, e la parte degli artisti.
Perché in questa storia forse una parte di colpe la possiamo additare a tutti.
Perché se l’arte ha perso la sua concezione, la colpa per anni è stata di tutti, e deve ripartire da tutti questa riscoperta del suo status.
Andare in un museo, a una mostra, trovarsi davanti un patrimonio culturale, un’opera d’arte, è un privilegio.
È un privilegio che potrebbe offrirti moltissimo, moltissimi spunti di riflessione, e vederlo trattato in questa modalità, con ilarità e superficialità, mi fa chiedere cosa possiamo fare, anche noi addetti ai lavori, per tutelarlo e riportarlo in auge?
Questi turisti sono solo stati “sfigati” nella loro goliardia, ma non sono di certo stati gli unici, sono solo stati gli unici a essere stati scoperti.
Cosa porta quindi, un visitatore, a non focalizzarsi più sull’arte?
Nell’ultimo periodo abbiamo sentito usare a stufo la parola “decostruzione”, ecco, la utilizzerò anche io, perché a fronte di questo evento l’unica cosa da fare è decostruire il museo per come è sempre stato pensato, cercare di attualizzarlo al periodo storico che viviamo.
Perché io, amante dell’arte, quando ho visto il video dei due turisti, ho dapprima provato una gran rabbia a vedere la distruzione della sedia, ma su un secondo momento, ho pensato a cosa si è sbagliato per approdare a quel punto.
Cosa si può fare per tutelare sia le opere che lo spettatore, e forse l’unica risposata sta proprio nella decostruzione e ricostruzione della concezione museale e quindi anche nella concezione di opera d’arte.
Sia chiaro, non giustifico e mai giustificheró l’atto dei turisti, che oltre a trovare stupido, trovo anche fuori luogo e maleducato, ma cerco di studiarlo, cerco di categorizzarlo al contesto storico, per evitare che si riverifichi.
Che l’arte da sempre è servita come specchio della società, come chiave antropologica dei giorni nostri, in questo caso anche, perché una scultura rotta non può essere solo una scultura rotta.