Per il giudice non sussiste il fatto
Alex Schwazer ha vissuto anni tremendi dopo l’accusa di doping, ha smesso (forzatamente) con le gare – ma mai con gli allenamenti – ha pensato al suicidio ma ha sempre professato la sua innocenza.
Innocenza che viene riconosciuta oggi con l’assoluzione al campione capace di vincere l’oro nella 50 km di marcia a Pechino 2008.
Il caso era nato dopo una positività al doping emersa da un controllo del primo gennaio 2016 e che nell’agosto dello stesso anno aveva portato alla squalifica di Schwazer per otto anni.
A dicembre, la procura di Bolzano aveva chiesto l‘archiviazione per un caso mai chiaro e che ha coinvolto sia l’agenzia mondiale antidoping (Wada), sia la Federazione mondiale di atletica leggera (World Athletics) che il laboratorio di Colonia dove si è parlato anche di presunta contaminazione.
Il giudice ha archiviato oggi il caso e il procedimento penale a carico dell’azzurro accogliendo la richiesta del pm: il caso non sussiste e anzi vengono lanciate pesanti accuse proprio alla Federazione di Atletica e alla Wada
Si contesta la tesi di “opacità” sostenuta dai due organismi nelle analisi che portarono alla positività e alla squalifica del marciatore. Il giudice ritiene “accertato con altro grado di credibilità” che i campioni di urina nel 2016 furono alterati per far risultare l’atleta positivo e ipotizza nei confronti di chi avrebbe manomesso le provette reati di “falso ideologico, frode processuale e diffamazione”.
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