Ospite del podcast di Cattelan

È Fabio Capello il protagonista della nuova puntata di Supernova, il podcast di Alessandro Cattelan che racconta in maniera inedita i grandi personaggi dello spettacolo, dello sport e della cultura. In questa occasione, i riflettori si accendono su uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio, capace di guidare il Milan dei sogni, il Real Madrid dei Galácticos, la Roma e le big di Londra, fino a un clamoroso “no” alla panchina della Nazionale italiana.

La carriera di Capello parla da sola: cinque scudetti in Italia e due in Spagna, quattro Supercoppe italiane, una Champions League (1993-1994) e la Supercoppa UEFA dello stesso anno. Ma chi può raccoglierne l’eredità? Lo stesso Capello, senza esitazioni, individua un nome:

“Vedo Gasperini molto simile a me: ottiene dai giocatori quello che ritiene importante per la squadra. All’Atalanta ha lavorato in un ambiente protetto, ma conoscendo le difficoltà della Roma ho visto che lì è entrato subito a piè pari e i risultati si vedono”.

Non solo successi, ma anche scelte controcorrente. Una delle più sorprendenti fu il rifiuto della Nazionale italiana:

“In quel momento non lo sentivo giusto. Stavo già allenando club e non me ne sono mai pentito. La Nazionale, però, la vivo da tifoso: a casa mi alzo in piedi e canto l’Inno. Una delle gioie più grandi è stato il gol a Wembley contro l’Inghilterra, dedicato ai 20mila italiani che lavoravano lì come camerieri. Ma tra i momenti peggiori c’è l’eliminazione in Germania: ci urlavano contro di tutto. Quando vedo giocatori senza sangue e senza voglia con quella maglia, soffro”.

Nel racconto non mancano gli aneddoti legati ai suoi ex giocatori, come Daniele De Rossi, oggi leggenda romanista dietro solo a Francesco Totti per presenze:

“Con De Rossi ho sbagliato l’approccio iniziale. Nella Primavera lo allenavo con Aquilani e pensavo che Alberto avesse più qualità. Lo feci debuttare in Coppa Italia, ma lo vidi troppo timido. Daniele invece entrò in campo con la stessa grinta che mostrava in allenamento. Aquilani andò a fare esperienza alla Triestina e poi ha avuto una grande carriera. De Rossi, invece, rimase subito in rosa: lo punzecchiavo spesso per stimolarlo a crescere”.