
Ormai una vita fa, nel 2009, ho passato una decina di giorni facendo un centinaio di chilometri a piedi. Un’esperienza, sotto il profilo podologico, non troppo diversa da quella che andremo a fare a partire da domani, quindi, perché è domani il giorno in cui il Cammino, il nostro Cammino, comincerà, assai diverso come spirito e anche come prova fisica. Il tutto si è svolto a Milano, per la precisione intorno a Milano, seguendo molto fedelmente le linee circolari che le tangenziali compiono intorno alla città nella quale, ventottenne, sono giusto per vivere ventotto anni fa. Il tutto mi vedeva in compagnia di un caro amico e collega, collega in quanto scrittore, Gianni Biondillo, conosciuto nella scuola che i nostri rispettivi figli frequentavano e poi divenuto mio compagno di chiacchierate in una pasticceria siciliana che proprio davanti a quel plesso scolastico si trova. Proprio seduti ai tavoli di quel luogo incantato gli ho buttato lì l’idea di fare il periplo di Milano a piedi, provando a raccontare la sua città, divenuta nel mentre anche mia, girandoci attorno e evitando categoricamente i luoghi centrali, quelli più conosciuti a noi e agli altri. L’idea non era esattamente mia. O meglio, era mia ma non solo mia perché prendeva spunto da un libro che avevo da poco letto e poi letto di nuovo, London Orbital di Iain Sinclair. Lo scrittore inglese, considerato a ragione l’attuale maggiore rappresentante degli psicogeografi, aveva infatti in quel libro raccontato il suo viaggio a piedi intorno a Londra, lungo la M20. Un libro bellissimo e fondamentale, almeno per chi ritiene fondamentale una disciplina come la psicogeografia, che noi saremmo quindi andati a coverizzare con le nostre voci e la nostra città. A Gianni, oltre che scrittore architetto, architetto che fino a quel momento non aveva mai sentito nominare la psicogeografia e che dopo quel viaggio sarebbe andato a insegnarla all’Università di Mendrisio, oltre che a scrivere a riguardo altri libri, architetto sprovvisto di patente, l’idea di conoscere una porzione di Milano a lui, pedone, sconosciuta e farla in mia compagnia è subito piaciuta, anche se l’ultima parola l’ha detta solo dopo che l’ho caricato in auto e gli ho fatto fare in un’ora e poco più tutto il periplo, passando dalla tangenziale Est alla Nord, quindi alla A4 e poi alla tangenziale Ovest, a Milano non c’è una sola tangenziale come la M20 o il Grande Raccordo Anulare, entrambe assai più lunghe di quel giro fatto in auto. Per farla breve, tornati alla pasticceria, Gianni ha detto di sì, anche se per me averlo fatto in auto era già sufficiente. Siamo scrittori, ho detto, mica serve farlo davvero a piedi, usiamo la fantasia, proposta che invece non è stata accettata. Così, di lì a qualche giorno, ci siamo ritrovati a prendere dei mezzi che ci hanno portato al punto della Tangenziale est che avevamo scelto come partenza e ci siamo fatti la nostra prima camminata, in quel caso in compagnia di una cantautrice, all’epoca in forza agli Ariadineve, che poche settimane prima si era fatta in autostop un lungo viaggio al fine di raggiungere la band per un concerto, raccontando il tutto in un videoclip, Eleonora Tosca, poi divenuta una delle mie più care amiche di sempre. Per la cronaca, poi passo oltre, io Iain Sinclair, London Orbital e la psicogeografia tutta l’avevo conosciuta pochi mesi prima, leggendo un libricino a fumetti di Alan Moore, Serpenti e scale, Eddie Campbell ai disegni, libro nel quale si parlava del passaggio del lungocrinuto fumettista al ruolo di mago, in quel di Red Lion Square a Holborn, Londra, parlando di psicogeografia e quindi Guy Debord che l’aveva ipotizzata durante l’Internazionale Situazionista, negli anni Cinquanta del Novecento, e dandomi tutta una serie di suggestioni per me fondamentali, oltre che la consapevolezza di non aver mai saputo cosa fosse la psicogeografia fino a quel momento, quindi una commistione tra luoghi e chi quei luoghi anima, appresa e praticata viaggiando in città senza usare mappe o guide, o usando mappe e guide di altre città, divagando, errando, perdendosi e andando alla deriva, ma l’avevo inconsapevolmente praticata da sempre, fin da quando, oltre dieci anni prima, avevo cominciato a scrivere reportage anomali per GenteViaggi, magazine di viaggi che di anomalo non aveva nient’altro. Il fatto che noi fossimo partiti per il nostro viaggio che avrebbe portato alla nostra cover di London Orbital, titolo del libro “Tangenziali. Due viandanti ai bordi della città”, edito nel 2010 da Guanda, proprio da NoLo, quartiere fittizio nato a North di Loreto, ispirato a sua volta da Soho, quartiere di Londra sorto a South of Holborn, l’Holborn in cui era ambientato Serpente e scale mi è subito parsa una coincidenza interessante, come è interessante la similitudine tra i circa cento chilometri di quel viaggio a piedi intorno a Milano e i centodiciassette che faremo da Tui fino a Santiago di Compostela. In quel caso non c’era stato nessun allenamento, nessun abbigliamento particolare, neanche scarpe particolarmente comode, io giusto alle prime tappe viaggiavo con una Red Bull e Gianni con dei datteri, ma Elenora, prima ospite che nelle tappe successiva verrà sostituita da altri amici, aveva addirittura delle ciabatte, il che potrebbe far sembrare la prova fisica che andremo a affrontare meno impegnativa di quanto, temo, invece sarà. Un po’ perché siamo in agosto e non a inizio giugno. Un po’ perché stasera non torneremo a dormire a casa, lì viaggiavamo di mattina ma a pranzo eravamo sempre di ritorno ognuno a casa propria, pronto per riposarsi o fare quel che doveva fare. Un po’ perché, e questo credo sia aspetto non meno importante, quello era una cosa fatta con spirito di cazzeggio, almeno per me, io sprezzante a raccontare una città nella quale vivevo già da dodici anni ma non mi aveva ancora del tutto conquistato, Gianni a vestire i panni del milanese di nascita che ama la sua città, questo sarà invece un pellegrinaggio, quindi con un aspetto spirituale che non potrà non venir fuori, circondati come immagino saremo da altri pellegrini, provenienti da ogni parte del mondo.
Di fatto, io che in qualche modo posso essere considerato un antesignano di un certo modo di raccontare i luoghi andando a piedi, certo, prima di me c’erano stati tali Walter Benjamin, Henry David Thoreau, ma anche Bruce Chatwin o Enrico Brizzi, per spostarsi altrove, mica sarà un caso che il nostro Tangenziali verrà a sua volta coverizzato, diciamo così, da Gianfranco Rosi col suo Il sacro GRA, film che andrà a vincere nel 2013 il Leone D’oro alla Mostra del Cinema di Venezia, lui a raccontare la Roma lungo i bordi a partire da un libro di Niccolò Bassetti e Sapo Matteucci, Il Sacro Romano GRA, poi uscito pochi mesi dopo il film, cover che non cita l’originale, quindi tanto cover non è, seppur proprio Bassetti fosse venuto alla nostra presentazione di Milano del tomo in questione, Tangenziali, appunto, quindi non poteva non sapere del nostro libro uscito quattro anni prima del suo, Maria Rosa Mancuso a mettere i puntini sulle i sulle pagine del Foglio, ecco, io che in qualche modo posso essere considerato un antesignano di un certo modo di raccontare il luoghi andando a piedi, per usare le parole giuste, uno psicogeografo, che ora sono in procinto di farmi un pellegrinaggio già fatto da milioni di persone nei secoli, da quando cioè, nel IX secolo re Alfonso II delle Asturie volle far erigere una basilica laddove si diceva giacessero le mortali spoglie del santo Giacomo il Maggiore, apostolo di Gesù, giunto a evangelizzare le popolazioni celtiche della Galazia salvo poi essere ucciso per decapitazione, martire, in Palestina. Le spoglie, vuole appunto una leggenda o credenza che dir si voglia, furono trasportate in questa terra a lui cara da una barca guidata da angeli, sorte non troppo diversa a quella della Santa Casa di Nazareth, sempre dagli angeli portata in volo fino a Loreto, a due passi da casa mia (in quel caso storia vuole che a trasportare le pietre della casa, poi ricostruita, fosse stata una nave di proprietà della nobiliare famiglia Angeli, dalle parti di Ancona, e sempre di angeli si tratta). In epoca medievale di invasione mussulmane, i famosi mori, erigere una basilica nel punto in cui la terra finiva, Finisterre è lì a due passi, era un gesto non solo spirituale ma anche militare, il fatto che poi Carlo Magno avrebbe reso i vari cammini che da altri punti d’Europa portavano lì sicuri, protetti dal suo esercito altro simbolo bellico non da poco. Il primo pellegrinaggio, comunque, partito da Oviedo, nelle Asturie, con Alfonso II e la sua corte, per omaggiare il Santo. La Compostela che in qualche modo è entrata a essere parte del Cammino è una certificazione che viene rilasciata dall’Oficina del Peregrino, laddove il pellegrino abbia camminato per almeno cento chilometri, facendo vidimare almeno per due volte al giorno la Credencial, un passaporto consegnato ai pellegrini al momento della partenza, necessario per poter poi dormire negli ostelli che si trovano strada facendo, in spagnolo Albergue (noi li abbiamo prenotati, quindi non credo necessiteremo dei timbri sulla credencial, che comunque faremo per poter avere poi la Compostela). Qualcosa che, ne parla bene Diego Passoni nel suo libro Quel che resta di Santiago, sposta il discorso sul pellegrinaggio da un piano spirituale a uno meramente commerciale di marketing, laddove già in partenza anche Alfonso II delle Asturie era mosso oltre che da devozione verso il santo anche dalla volontà di lanciare un chiaro segnale in chiave anti-musulmana, ma che è comunque parte del discorso. Di questo, comunque, credo che parlerò in seguito, ora è il momento di incamminarsi verso Tui, quella che sarà la nostra prima tappa. La scelta di fare il Cammino Portoghese, che per tradizione parte da Porto, dove ci troviamo al momento, ma che ha anche una versione più estesa da Lisbona, proprio dal Santuario a San Giacomo Maggiore dedicato, è stata dettata dalla stagione, in agosto fa generalmente caldo e il Cammino Portoghese è considerato il meno impegnativo da questo punto di vista, il vicino oceano Atlantico a portare lì brezze e anche piogge pomeridiane. Noi, dove per noi intendo me e la mia famiglia, partiremo da Tui e fino a Tui andremo con un Flixbus, experience nell’experience, né io né mia moglie abbiamo mai viaggiato coi caratteristici pulmann verdini, salvo poi dover coprire non si sa bene come gli ultimi chilometri, quelli che segnano il confine tra Portogallo e Spagna. Per ora siamo a Porto e fra un po’ dovremo partire per Tui, appunto, per cui, scusate, ma mi sembra il caso di andare a mangiare del bacalao e bere del vino liquoroso locale, ché da domani si cammina e cammina.