Cammino di Santiago, arrivo a Tui: si parte davvero

Ci sono luoghi comuni che vanno sfatati. Tipo quello che vuole gli uomini incapaci di fare anche solo due cose contemporaneamente. Sono anni che alterno la mia attività di scrittore con quella di speaker radiofonico, autore per piece teatrali, di testi per film, di podcaster, di performer su un palco, spesso con una continuità che dà anche a me stesso le vertigini, passando da un ruolo all’altro in un nanosecondo, il tutto mentre sono al tempo stesso genitore di quattro figli in un range anagrafico di dieci anni, uno che si muove, sempre più con fatica ma comunque si muove nell’ambito dei social. Insomma, tutte idiozie. Come anche quella che dice che l’uomo, qui potrebbe quasi sembrare che io stia per partire con  un pippone riguardo il patriarcato o, peggio, la messa al bando del patriarcato, come anche quella che dice che l’uomo già con trentasette di febbre diventa il corrispettivo non televisivo di uno degli zombie di The Walking Dead, giusto appena un po’ meno vitale. Io ho fatto una vacanza in campeggio, quindi dormendo su un sacco a pelo in terra, con una clavicola rotta, sorvolo sul fatto che me la ero rotta da solo, andando a saltare su una panchina durante un concerto dei Kunsertu alla Festa dell’Unità di un paesino della Toscana, anno del Signore 1994, peccato che quella fosse una panchina di plastica leggera, di quelle da giardino, pronta a schizzare via sotto il mio esile peso, fermi tutti, ai tempi pesavo neanche sessanta chili, ero esile davvero. E sono andato in viaggio con una polmonite, sotto duplice cura antibiotica, trentanove di febbre giusto qualche ora prima di partire.

Ecco, ripeto, ci sono luoghi comuni che vanno sfatati, specie tra quelli che animano il rapporto uomo-donna. Poi, invece, ci sono luoghi comuni che aderiscono perfettamente alla realtà, con una tale precisione che sembra una di quelle plastiche salvaschermo che solo un cinese è in grado di mettere con una sola mossa sul touch del tuo smartphone, neanche una bolla a rendere il tutto imperfetto. Per dire, è vero che, patriarcato o non patriarcato, per quanto un uomo si possa illudere non dico di avere una voce autorevole all’interno di una coppia, anche una coppia consolidata, che sta insieme da decenni, ma quantomeno di avere una voce in capitolo paritaria a quella della propria metà, sarà sempre la donna a decidere. A volte simulando con sapienza e astuzia una finta situazione nella quale sembra che la scelta finale sia in effetti frutto di un confronto, altre volte, più spudoratamente ma anche più realisticamente, decidendo e basta. Per dire, mi ritrovo sul punto di partire per il Cammino di Santiago con tutta la mia famiglia, quindi mia moglie Marina, mia moglie da ventisei anni, con me da trentasette, e i nostri quattro figli, Lucia, ventiquattro anni, Tommaso, venti, e i gemelli Francesco e Chiara, quattordici a settembre. Per essere precisi, mi ritrovo sul punto di partire per il Cammino portoghese di Santiago, perché di cammini per Santiago di Compostela ce ne sono parecchi, oltre una dozzina, quello portoghese, insieme a quello francese, quello inglese, quello primitivo, quello del nord, la via de la Plata tra i più famosi. Mi ritrovo sul punto di partire per il cammino portoghese di Santiago di Compostela, dove in realtà farò una porzione del cammino portoghese, non avendo a disposizione così tanti giorni per farlo tutto quanto, quasi novecento chilometri, per non dire delle energie per farlo, il cammino si fa, sa va sans dire, a piedi, ma non posso dire con fermezza che è stata esattamente una mia idea farlo. Intendiamoci, mi interessava da tempo farlo, era una di quelle idee che ogni tanto ti torna in testa, anche indotta dalla persona che ti vive accanto, nel mio caso mia moglie Marina, appunto, ma non credo che lo avrei mai fatto di mia spontanea volontà proprio quest’anno, a mia memoria uno dei più impegnativi sotto il profilo professionale, e di conseguenza uno dei più stancanti di sempre. Un classico anno di quelli che la cosa che più desidereresti fare è startene buttato da qualche parte, possibilmente a due passi dal mare, senza neanche la necessità di alzarti in piedi per raggiungere la battigia, qualche amico benevolo verrà a prenderti e ti porterà fino dove si tocca, lì a beneficiare del rinfresco dell’acqua salata senza dover muovere un solo muscolo. Invece eccomi che sono  mi ritrovo sul punto di partire per il Cammino di Santiago con tutta la mia famiglia, quindi mia moglie Marina, mia moglie da ventisei anni, con me da trentasette, e i nostri quattro figli, Lucia, ventiquattro anni, Tommaso, venti, e i gemelli Francesco e Chiara, quattordici a settembre, con tutti coloro ai quali l’ho detto che mi hanno detto con ammirazione qualcosa che suona come “caspita, che bello, è una vita che vorrei farlo anche io, poi me lo racconti”, frase che nasconde una grande verità: ci sono cose che desideriamo fare tutta una vita, ma che essendo troppo faticose, difficili o semplicemente irrazionali, poi ci limitiamo a immaginare, senza dover star lì a mettersi a camminare per centodiciassette chilometri. Perché tanti saranno quelli che ci porteranno da Tui, nostra prima tappa, fino alla basilica dedicata a San Giacomo Maggiore, il Santiago di cui sopra. Centodiciassete chilometri in dieci giorni, non esattamente uno sforzo titanicissimo, sulla carta, ma comunque centodiciassette chilometri, un giorno via l’altro, andando poi a dormire in ostelli provvisti di camerate miste, con bagni in comune e docce in comune, cioè ipoteticamente, neanche troppo ipoteticamente, senza la possibilità di recuperare uno straccio di energia tra una tappa e l’altra, soffro di insonnia, quindi non dormo neanche nel mio letto, senza rumori orribili come il ticchettio di una sveglia nei pressi figuriamoci se chiuderò mai un occhio in una camerata mista, con sconosciuti che russano, scoreggiano, o semplicemente vivono a pochi metri da me, un occhio a controllare che non ci zanzino smartphone e soldi, l’altro a tenere d’occhio gli ormoni dei più giovani, il terzo occhio, che al momento è chiuso ma magari durante un pellegrinaggio si aprirà, a pensare che appena sorgerà il sole toccherà rimettersi in cammino, altri chilometri da fare, un altro ostello da perlustrare, altre file da fare per la doccia o anche solo per pisciare.

Vivo di parole, e ci vivo da quasi trent’anni, credo quindi di essere sufficientemente dotato di mestiere, oltre che di talento, non starò certo qui a fingermi modesto, per potermi dire che ho reso a sufficienza l’idea dei sentimenti che hanno abitato il mio animo nelle settimane prima della partenza, settimane nelle quali ho indefessamente lavorato, anche quando faceva quaranta gradi, ultima riunione fatta  venerdì 8 agosto tra le 19 e le 20, una decina di giorni passati al mare, nelle Marche, decina di giorni nei quali con la medesima famiglia, anzi, con una porzione della famiglia, nostra figlia Lucia se n’è andata in Croazia in vacanza per un paio di settimane, abbiamo dovuto concentrare tutto quel che in genere facciamo nel corso di un mese e mezzo, salutare amici, parenti, andare nei posti delle Marche ci piacciono, tutti posti di mare. Anche prepararci spiritualmente per questo Cammino portoghese di Santiago, una visita a Assisi da Padre Alfio, il frate che ci ha sposati ventisei anni fa, una a Loreto, nel Santa Casa dove, vuole credenza e leggenda, è vissuto a Nazareth Gesù Bambino. Ma siccome non di solo spirito vive l’uomo, decina di giorni nei quali abbiamo anche dovuto concentrare parte di quelle attività che poi sono confluite nel difficilissimo esercizio di preparare le valigie per il Cammino, quindi acquisti fatti di scarpe da camminata, calzini da camminata, lenzuola a sacco a pelo, perché va bene essere pellegrini ma vorremmo evitare pidocchi o altro, teli in poliestere per le docce, creme solari ma anche cerotti anti-vesciche, varie e eventuali. Perché noi abbiamo a disposizione tre valige da quindici chili, questo prevede la nostra prenotazione con Easy Jet, quella che ci porterà proprio oggi da Milano Malpensa, mi scuserete se ancora fatico a chiamare questo aeroporto Silvio Berlusconi, e l’aeroporto Francisco Sà Carneiro di Oporto, per noi italiani semplicemente Porto. È da lì che poi domani pomeriggio, dopo aver fatto un giro in città, Porto è davvero bellissima e i nostri figli non l’hanno mai vista, partiremo con un Flixbus diretti a Valença do Minho, ultimo avamposto portoghese prima del confine con la Spagna, confine che si trova alla fine di un ponte bellissimo, ho letto, perché per fare il Cammino portoghese di Santiago ho letto un sacco di libri e articoli, ve ne parlerò di qui in avanti, fatto con la stessa tecnica della Torre Eiffel, al punto che per anni si è pensato lo avesse fatto proprio lui, Eiffel, ponte che conduce a Tui, primo avamposto spagnolo per fare il Cammino portoghese di Santiago, nonché ultima tappa oltre la quale il Cammino non sarebbe più certificato come tale, per dire di aver fatto il Cammino di Santiago di Compostela devi aver percorso a piedi almeno cento chilometri, e da Tui sono centodiciassette, e ogni giorno devi farti timbrare una tessera che alla fine porterà a una certificazione ufficiale. Come arriveremo da  Valença do Minho, il Minho credo sia appunto il fiume che funge da confine naturale, a Tui, tre chilometri e mezzo circa, avendo noi tre valige con rotelle, anzi, due con rotelle, cioè due grandi trolley, e una con manici, è un mistero, contiamo su un van che funga da taxi, ma questo lo scopriremo solo in loco. La mattina dopo, da lì, partiremo per la prima tappa, a piedi, iniziando il nostro pellegrinaggio vero e proprio. Immagino che qualcuno si starà chiedendo, anche legittimamente, perché la curiosità a questo porta, anche se farsi sempre tante domande riguardo gli altri è indice sia di una certa tendenza a non farsi i fatti propri, sia di non saper frenare quella curiosità quasi morbosa, come sia possibile farsi centodiciassette chilometri a piedi in dieci giorni con tre valige appresso. Ecco, noi faremo il Cammino di Santiago, ma le valige viaggeranno per conto proprio, attendendoci, Dio volendo, a ogni tappa nell’ostello che una agenzia ci ha prenotato, dietro lauto compenso. Attenzione, non è una forma borghese del Cammino di Santiago di Compostela, quello che andiamo a fare, ma la sola possibile per chi come noi viaggia in gruppo, con ragazzini appresso, e poi intende fermarsi qualche giorno in Galizia, questo accadrà dopo la fine del Cammino, una casa con giardino a A Coruňa ci attende. Non potendo viaggiare con le valige, e non potendo mettere vestiario per diciotto giorni in zaini da portare poi in spalla, ma soprattutto non volendo arrischiare di non trovare poi posto tutti nello stesso ostello, addirittura nella stessa camerata, così ci hanno assicurato, non abbiamo potuto far altro che affidarci a Jorge, titolare dell’agenzia Viajes Camino de Santiago, che ha appunto prima programmato le dieci tappe, tante ne abbiamo chieste, suddividendo i centodiciassette chilometri di conseguenza, poi ha prenotato i dieci ostelli, in realtà otto, per due volte dovranno spostarci in van fino a un ostello, salvo poi riportarci la mattina al punto di partenza giusto. Insomma, un cammino forse un po’ meno rock’n’roll, ma comunque un cammino cammino, centodiciassette chilometri a piedi, i cerotti anti-vescica che ho nello zaino lì come monito di quel che ci potrebbe attendere. Un cammino, torno al punto di partenza, che è stato fortemente voluto da mia moglie, anche se quando poi lo abbiamo iniziato a organizzare, a vederci dall’esterno, poteva quasi sembrare fosse una scelta mia, fortissimamente mia, forse tecnica atta sia a non permettere che io, strada facendo, me ne esca fuori con qualche lamento o rimbrotto, è stata una scelta mia, sia a far sì che anche l’anno prossimo la scelta di dove e come passare la vacanza, perché questa sarà ufficialmente la nostra vacanza, tornati riprenderemo subito a lavorare con l’elmetto in testa fino al prossimo agosto, spetterà a lei, in una logica dell’alternanza che vuole sia un anno lei e un anno io a fare la proposta definitiva.

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Michele Monina, nato in Ancona nel 1969 è scrittore, critico musicale, autore per radio, tv, cinema e teatro, stand-up comedian da scrivania. Ha pubblicato 97 libri, alcuni scritti con artisti quali Vasco Rossi, Caparezza e Cesare Cremonini. Conduce il videocast Musicleaks per 361Tv e insieme a sua figlia Lucia il videocast Bestiario Pop. Nel 2022 ha portato a teatro il reading monstre "Rock Down- Altri cento di questi giorni" che è durato 72 ore e 15 minuti ininterroti e ha visto il contributo di 307 lettori.

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