Borsellino, Melillo a 30 anni dall’attentato: “depistaggi ed errori sul delitto”
Borsellino a 30 anni dall’attentato, il procuratore nazionale antimafia ha chiesto scusa per i “depistaggi ed errori sul delitto”
Il 19 luglio 1992, dopo aver pranzato con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si recò insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove vivevano sua madre e sua sorella Rita. Alle 16:58 una Fiat 126 imbottita di tritolo, parcheggiata sotto l’abitazione della madre, esplose al passaggio del giudice, uccidendo oltre a Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo, scampato perché al momento della deflagrazione stava parcheggiando uno dei veicoli della scorta.
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A trent’anni dall’attentato, il neo procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, in una intervista al Corriere della Sera, ha chiesto pubblicamente scusa per tutti gli errori commessi all’epoca dei fatti. Alla domanda proprio sui depistaggi commessi all’epoca dei fatti, ha risposto: «A prescindere dalle responsabilità dei singoli, che si possono valutare soltanto nelle sedi istituzionali, per la responsabilità della mia funzione non posso che chiedere pubblicamente scusa per tutte le omissioni e gli errori, ma anche per le superficialità e persino le vanità che hanno ostacolato la ricerca della verità sulla strage. Sono scuse che porgo con rispetto e profonda consapevolezza ai familiari delle vittime e alle persone che, innocenti, sono state trascinate nel baratro della condanna per quel delitto. Gli uni e le altre sanno assai meglio di noi che il tempo non lenisce quelle ferite, se tante domande restano senza risposta».
Un punto ancora da chiarire resta il furto dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, che avvenne già il 19 luglio 1992, pochi attimi dopo l’attentato. Molto ancora va indagato per raggiungere la verità sulla morte di Borselli, come per quella di Falcone e altre vittime di attentati. Su quanto c’è ancora da scoprire Melillo dice: «Obiettivamente, molto. Sin dal primo momento fu drammaticamente chiaro che le stragi rivelavano disegni e relazioni criminali difficilmente riconducibili alle sole strategie di un’organizzazione schiettamente criminale come Cosa Nostra».
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