Si è sempre saputo che la natura, e chi ne prende parte, è capace di opere meravigliose, a volte più maestosi di artisti stessi, colori, forme, giochi di luce che rendono il tutto magico alla nostra vista.

Prima d’ora però non mi ero trovata mai davanti l’opera di un’artista, un po’ insolito, ma sicuramente estremamente affascinante.
Il Torquigener albomaculosus, ovvero il pesce palla giapponese, chiamato Fugu.
Nessun animale costruisce qualcosa di così complesso e allo stesso tempo perfetto.
Ma non lo fa a tempo perso, e neppure per hobby o sopravvivenza, come il ragno con la ragnatela, bensì per farsi notare.
Esatto, lo fa per attirare l’attenzione delle femmine, attraverso le sue pinne, che utilizza come strumenti, e il piano matematico che ha in testa.
Lui separa la sabbia, in modo da utilizzarla nelle particelle più fini e raccoglie manciate di gusci da sfruttare come decorazioni.
Lavora non stop 24 ore su 24, per un’intera settimana, non staccandosi mai dal suolo, non prendendosi mai una pausa, neppure per dormire, poiché la forza delle correnti, se lui si allontanasse, potrebbe essere così forte da rovinare il suo operato.
Ed è qui che mi sono sorpresa su come la natura possa essere così simile e sorprendente anche se in forme totalmente differenti, parliamo in continuazione di sovraccarico lavorativo, di bornout, soprattutto nel mondo dell’arte, della musica, dove ci sembra tutto così frenetico e compulsivo, portandoci a domandarci se abbia senso produrre così tanto, senza mai fermarci, e potenzialmente la natura ci risponde.
Il pesce palla giapponese lavora non stop per una settimana, cercando di attirare l’attenzione di qualcuno, ma dopo che ha concluso si ferma, si prende il suo tempo, sperando di essere riuscito nel suo intento.
Noi manchiamo questo passaggio, produciamo, dischi, opere, film, libri, serie, e dopo averli divorati pretendiamo subito dell’altro, non attuiamo il passaggio dell’attesa, è questo che ci manda in tilt.
La complessità e la bellezza di quell’opera, del Fugu, sta proprio nella cura, nella precisione, dovuta anche alla calma che poi si prende.
Probabilmente la risposta a tutti quei cantanti e quegli artisti che lamentano un malessere dovuto a una troppa produzione, sta proprio nell’oceano, negli abissi, nella perfezione di quei cerchi, nel tempo che dobbiamo imparare a prenderci, soprattutto noi da casa: noi consumatori compulsivi.
In questi giorni si tiene l’82esima mostra del cinema di Venezia, dove vengono presentate opere immense, film e miniserie, proviamo a godercele, a guardarle con i giusti tempi e senza pretendere dell’altro subito dopo, proviamo a interpretare il lavoro dietro ogni opera come alla meticolosa creazione del pesce palla giapponese, cercando di rimparare a ridarci ciò di cui ci stiamo provando, il tempo, che per la creazione di arte è essenziale, indipendentemente se tu sia umano o animale.