Fino al 7 settembre al MaMbo (museo d’arte moderna di Bologna) si tiene la mostra “Facile Ironia” con oltre 70 artisti e 100 opere per ripercorrere la storia dell’arte italiana attraverso l’ironia.

Questa mostra però, proprio nell’ultimo periodo, è stata presa d’assalto da LAV, un’organizzazione che si occupa della tutela degli animali, che si è schierata contraria all’opera “Copy Cat”.
“Copy Cat” può risultare un’opera controversa e difficile da digerire e comprendere, poiché rappresenta un gatto morto su una fotocopiatrice dal quale è possibile riprodurre delle copie.
Detto così può farvi strano, lo so, ma l’opera di Eva e Franco Mattes è arte, e come tale, non va analizzata solo superficialmente e su un livello estetico e razionale.
Le polemiche, che da tutti sono state diffuse e condivise, si incontrano sul fatto che un gatto impagliato e esposto è solo violenza inutile e futile, ma è qui che troviamo diversi errori: il primo è sul termine impagliato, perché l’impagliamento non fa più parte della tassidermia, il secondo punto riguarda la questione della violenza.
Il gatto non ha subito alcuna violenza, dichiarato anche sul sito del MaMbo, il gatto è un gatto randagio incidentato e non sopravvissuto alle cure veterinarie, dunque nessuna violenza volontaria è stata perpetuata per fini artistici.
Discorso diverso se la fine del gatto fosse stata volontaria, come nel caso di Damien Hirst con lo squalo.
Uno squalo appositamente pescato e ucciso per renderlo un’opera in formaldeide, un atto atroce e crudele quello, assolutamente d’accordo.
Su Hirst però, le polemiche animaliste e antispeciste sono state pochissime e spesso, quando Hirst viene citato e studiato, non si tocca mai, neppure alla lontana, la questione della crudeltà esposta sullo squalo.
Come mai allora, per un gatto, si sono tutti indignati?
Come mai di articoli sull’opera di Eva e Franco Mattes ne sono usciti a bizzeffe?
Eva e Franco Mattes non hanno la stessa fama di Hirst, ma probabilmente il problema non è neppure quello, ma l’animale in sé.
Come vediamo in questo periodo storico con le persone e le guerre, anche per gli animali, ci sono vittime di serie A e vittime di serie B, e l’idea di un gattino morto ci fa più rabbrividire rispetto a quella di uno squalo.
Detto questo, io come sempre, consiglio prima l’informazione alla polemica becera e consiglio di provare ad affrontare la visione dell’arte sempre con altri occhiali rispetto a quelli che usiamo per analizzare la realtà e basta.
E ve lo dice una grandissima gattara e amante dei gatti, ma spesso è più semplice attaccare qualcosa superficialmente, piuttosto che interrogarsi a fondo e rendersi conto che non è tutto bianco o nero.
Copy Cat è un’opera d’arte e non attua violenza, per questo, vi invito, se ne avete la possibilità, ad andarla a vedere dal vivo e lasciarvi stupire, colpire, impressionare, tutto quello che dovrebbe fare l’arte.