
“Tutto bene lì da voi?”. Ricevo questo messaggio da mio padre e subito capisco che qui intorno deve essere successo qualcosa di grave. Magari non gravissimo, intendiamoci, ma comunque preoccupante. A dirla tutta, per qui intorno, quando si tratta delle preoccupazioni di mio padre, potrebbe anche essere un’area che riguarda la via Lattea. Succede spesso a Milano, piove, come sempre esonda il Seveso lì dove qualche genio ha deciso di interrarlo per far spazio alla città, allagando la solita zona intorno a viale Zara e piazzale Istria, e lui mi scrive preoccupato, anche se io abito abbastanza distante da lì. Idem, che so, se c’è un qualche stato di allarme in qualsiasi punto della Lombardia. “Tutto bene lì da voi?”. Gli rispondi sempre di sì, senza neanche stare a preoccuparmi del perché si sia sentito di chiedermelo, scoprendo poi in seguito che c’è appunto stata una emergenza a centinaia ipo decine di chilometri da me. Siccome però sono in Spagna, nel mezzo del Cammino di Santiago, e non è che sono informatissimo sulle cose del mondo, mi viene di controllare in rete. Anni fa, quando siamo andati in Austria, ricorderete forse che vi ho parlato dell’ostello don Bosco posto su un campanile di otto piani, quando abbiamo lasciato la capitale per andare a Salisburgo siamo rimasti piacevo,mente sorpresi di vedere quanti laghi ci fossero, dal treno. Finché a un certo punto non ci siamo accorti che in mezzo a quei laghi spuntavano i tetti di alcune abitazioni, e una volta arrivati nella patria di Mozart abbiamo scoperto che in Austria, in quella parte dimAustria, c’era stata una violentissima pioggia che aveva portato all’allagamento di borghi e paesini. Anche di fianco al nostro ostello il fiume era in piena, ma noi lo abbiamo scoperto solo arrivati lì, o è dire, troppo tardi. Allora vado a cercare che sta succedendo e scopro che la Spagna è devastata dagli incendi. Decine, enormi, che affliggono buona parte della Spagna centrale. Per questo, leggo, alcuni dei cammin8ndi Santiago sono stati intenderti ai pellegrini, che quindi non possono proseguire. Noi siamo vicini alla costa, in una zona non interessata dagli incendi. KQuando ieri al telegiornale hanno parlato degli incendi, al telegiornale italiano, facendo riferimento ai pellegrini del cammino di Santiago, mio padre si è precoocuatoo, stavolta a ragione.
Il mio strano rapporto con la Spagna è del resto legato al fuoco. Anni fa, al momento non saprei neanche dire esattamente quanto, perché la stanchezza del camminare tutti i giorni comincia a farsi sentire (Google mi aiuta, era il 2009), mi scrive una casa editrice spagnola che, così, di colpo, ha deciso di tradurre e pubblicare il mio primo romanzo, uscito anni prima per DeriveApprodi, la casa editrice militante di proprietà di Sergio Bianchi, e con Nanni Moretti tra i suoi intellettuali di riferimento. Il libro in questione, nel mentre ripubblicato da PeQudi, che aveva dato alle stampe in precedenza il mio libro d’esordio e negli anni pubblicherà altri miei libri, era un noir ambientato durante la manifestazione contro Berlusconi del novembre 1994, durante il suo primo governo, e la cronaca si mescolava alla fantasia. Il titolo era “Questa volta il fuoco”, omaggio al James Bakdwin di “La prossima volta, il fuoco”, ma in realtà era un omaggio proprio a “Una mattina ci siam svegliati”, cronaca poetica della manifestazione del 25 aprile sempre del 1994 a Milano, anche in quel caso contro il governo Berlusconi, a firma del mio mentore Balestrini. Comunque mi scrive questo editore della Editorial Periferica e mi dice che vuole tradurre “Questa volta il fuoco”. Tutto bene, l’altra volta in cui mi capiterà che un mio libro sia tradotto all’estero, in portoghese e per il mercato brasiliano, lo verrò a scoprire per caso, perché qualcuno mi scriverà da lì per chiedermi un’intervista, era la prima biografia al mondo di Lady Gaga e era uscita per un editore noto per queste gabole, come non avvisare i propri autori di aver venduto i diritti all’estero di un titolo. Essendo ormai anni fa, ai tempi avevo da poco smesso di tradurre io stesso libri, non entrai in contatto col traduttore, e un giorno arrivarono a casa le copie staffetta, faccenda piuttosto emozionante. Ancora più emozionante però sarà ricevere una mail da El Pais, uno dei principali quotidiani spagnoli, che a causa dei processi nei quali Berlusconi, presidente del consiglio, era invischiato, chiedeva a me, Erri De Luca e Antonio Tabucchi di scrivere editoriali a riguardo. Io, che nei mentre avevo abbandonato la letteratura per la critica musicale,e che ero divenuto piuttosto noto per le mie biografie delle popstar mi sono quindi ritrovato per una serie di congiunture astrali a essere editorialista di El Pais. La cosa è andata avanti per un paio di anni, io a gestire a distanza la sindrome dell’impostore. Poi, semplicemente, la cosa è svanita come era iniziata, non saprei dire cosa. Ora sono in Spagna, dove ovviamente nessuno sa che io sono quello che scriveva editoriali per El Pais, e che aveva pubblicato Esta vez el fuego. Ora di fuoco si parla molto, qui in Spagna, perche buona parte della Galizia centrale, delle Asturie e di altre regioni è alle prese con incendi portentosi. Di qui il messaggio di mio padre, e, ho pensato sulle prime, sceso dal taxi di William che ci ha riportati a San Amaro,,dove dovremo riprendere il Cammino interrotto ieri, di qui la puzza di bruciato che ci ha accolti. Puzza di bruciato che in realtà è dovuta, scopriremo subito dopo, a un contandino che dietro la Capilla sta bruciando sterpaglie. Niente pericolo qui, dice la app della protezione civile spagnola, e noi proviamo a fidarci. Del resto la seconda notte all’albergue Aloxa di Pontevedra è andata assai bene, coi pellegrini che di mattina presto hanno fatto meno cammino del giorno precedente, perché non dovremmo fidarci della protezione civile? Il percorso è decisamente migliore di quello di ieri, magari non all’altezza della bellezza di quello tra Arcade e Pontevedra, ma ci va assai vicino, con in più il vantaggio di essere in buona parte in discesa. È anche pieno di pellegrini, di tante nazionalità e anche età. Alcuni sono acciaccati, specie una signora che cammina in solitaria, toccandosi in continuazione una gamba. La durata è prevista per neanche tre ore, e per questo, come nel tratto tra Arcade e Potenvedra, ce la prendiamo con calma, andando lunghi. Succede, quindi, che arriviamo a Caldas de Reis, sesta tappa del nostro cammino, quando è già caldo, errore fatale. Errore fatale cui si somma la scortesia dei ristoratori locali, tutti piuttosto bruschi nei nostri confronti. La peggio è una donna barbuta che non ci accoglie nella sola locanda già aperta, dicendo che è tutta piena, dimostrando ancora una volta poca amorevolezza nei confronti dei pellegrini, che a ben vedere pagano in euro, mica in santini. Alla fine troviamo un ristorante aperto,e mangiamo anche bene, il tutto dopo aver sorpassato un ponte sul fiume che regala uno spettacolo davvero idilliaco. Preludio all’arrivo in ostello, l’albergue GBC. Quando ho letto le recensioni di questo posto, capita sempre così e in fondo è il motivo per cui non bisognerebbe mai leggere le recensioni quando ormai hai prenotato o un’agenzia ha prenotato per te, il primo commento parla di un topo visto sotto un letto, ma per il resto sono tutte belle recensioni. A vederlo, ai confini del paese, sembra proprio bello, e la presenza di una piscina, seppur a pagamento, esalta un po’ tutti. Entriamo, accolti da una receptionist che se la gioca con la donna barbuta di prima, e scopriamo presto che il pomeriggio, quando è anche previsto pioverà, non sarà bucolico e idilliaco come la mattinata. Jeorge, infatti, il titolare dell’agenzia che ci ha organizzato il cammino, ha commesso un errore piuttosto grave, ha prenotato qui solo per me. Cioè, invece che prenotare per sei ha prenotato per uno. Un problema, cui si somma un secondo problema, non certo l’imminente pioggia, cioè che qui non ci sono posti letto. Da questo momento scatta un momento surreale, con Marina che, triangolando con Miss Simpatia, prova a risolvere la cosa, trovando miliardi di difficoltà. A partire dal fatto che Rita, cheè la collaboratrice di Jeorge che parla con noi in questi giorni, fa la finta tonta. Prima finge che il problema non sia un gran problema, e intanto passano le ore. Poi vorrebbe accollare a noi il costo del trasporto dei bagagli, proponendo anche di andare a piedi, coi bagagli e la pioggia in arrivo. Infine ci affibia, al momento solo per una notte, quindi col solito casino del dover rifare i bagagli e via discorrendo, anche qui a Caldas de Ries era previsto dormissimo due notti con la tappa di mezzo senza ostello e il servizio taxi, un ostello che sulla carta è una sorta di stamberga, orribile. Io non ho detto ai nostri figli degli incendi, perché non voglio creare agitazione inutile, e per lo stesso motivo non avevo detto del topo, Lucia, nostra figlia maggiore, non ha la stessa cautela, e legge a voce alta la prima recensione del nuovo ostello, che lo descrive in pratica come fosse appena peggio di un cesso intasato. Rita, nel mentre, si è data, e non ci risponde più, salvo farci sapere da Miss Simpatia, a riprova che lei e la donna barbuta sono in ottima compagnia, non sono interessati a fare la tratta di appena un chilometro con noi e le nostre valige, riguardo all’averci dato un ostello di merda al posto di uno con piscina, come se noi avessimo pagato per andare in quello di merda e non con quello con piscina, glissa, fingendo sia normale. Non bastasse, un pellegrino che avevamo già visto a Redondela, immagino un mio collega, perché come me lì stava scrivere seduto al balcone, lui aveva la camera privata, lì. E anche stavolta scrive, in quanto scrittore sintetizza il nostro contrattempo in un esaustivo commento: “È una bella rottura dimcoglioni”. Mentre un tizio salentino di stanza a Milano prov a farci coraggio raccontando di quando anche a lui è capitato un contrattempo, “un albergue troppo pulito, tutti codici per accedere in ogni area, peggio di Alcatraz”, poi a ridere quando gli faccio notare che dove andremo noi sembra il posto dove vive chi sta per essere condotto a Alcatraz, il fatto che provasse a rincuorarci con il telo da mare appoggiato sulla spalla, evidentemente di ritorno dalla piscina a rendere il tutto un po’ meno efficace come resa.
Lo scenaraio familiare rispetto a questa situazione è il seguente: Lucia è distruttiva, è prospetta scenari sempre peggiori, Tommaso è intimorito, e vorrebbe almeno arrivare al nuovo ostello per paura di passare la notte all’aperto, Francesco è interessato solo al fatto che io gli sblocchi il telefono, che gli ho bloccato perché è il solo in famiglia a non dare mai una mano, Chiara, il cui telefono è morto appena arrivati a Tui e non ha fatto un plissè, è adesso inferocita con Jeorge, nonostante le occhiate in cerca di complicità di mia moglie. Perché mia moglie, invece, che dentro di sé sarà incavolata come tutti, finge serenità, perché ha visto che io sto diventando una furia. Prova così a controbilanciare la mia incassatura, ottenendo invece il risultato opposto. E questo senza ancora aver visto come in effetti è l’ostello che ci hanno assegnato in sostituzione, una camerata coi letti uno attaccato all’altro, quelli sopra nei letti a castello senza neanche le tende per un minimo di intimità, per contro quelli sotto hanno uno spazio sopra la testa di pochi centrimetri, come le vecchie cuccette dei treni, a mezzo metro dai bagni, bagni dove il water staziona in bella vista di fianco ai lavandini, davanti alle porte delle docce. In pratica i peggiori posti nel peggiore ostello di Caracas, al secolo Caldas de Reis. Il tutto dietro una palazzina orribile e affacciato su un ingresso con un tendone fatiscente che ricorda lo scenario delle video Pina Colada di Margherita Vicario, benvenuti nel disagio: da Barro a Barrio è stato davvero un attimo. In confronto l’ostello Don Bosco di Vienna, dove sono stato però ero un ventenne squattrinato, non un cinquantaseienne che ha pagato assai un’agenzia per organizzargli il cammino di Santiago, era Las Vegas. Sono fuori dalla grazia di Dio, il che per un pellegrino che si è fatto già buona parte del Cammino di Santiago, non è male. Fortunatamente non credo che gli auguri che si mandano anche a voce alta, leggi alla voce colpi, vadano a buon fine, perché altrimenti credo che i parenti di Jeorge avranno qualcuno da piangere nei prossimi giorni, sempre che almeno loro sopravvivano. La apparente calma serafica di Marina, mia moglie, che trentasette anni con me pensa ancora che non rispondermi o far finta che tutto vada bene mi calmerà, a peggiorare il tutto. Le urla degli altri avventori dell’ostello, che mentre io salmodio per la accomodation di merda che ci hanno dato, tenervi alla larga dall’albergue El Timonel di Caldas de Reis come fosse la peste, non sono che la ciliegina su una torta andata a male, altro che fuoco e fuoco, era questo che aveva pensato il destino per noi. Fuori piove pure, così neanche possiamo andare a fare due passi. Adesso, fatto salvo che penso non andrò in bagno nelle prossime ore, forse anche nei prossimi giorni, e che non chiuderò un occhio, anche perché ci ho provato di pomeriggio, ma il rumore dell’acqua del bagno è talmente forte che ti sembra di essere a dormire dentro un lavatoio, e l’aria nelle cuccette manca, per non dire di come diavolo si possa pensare di mettere cuscini di gomma in cuccette così strette, tocca capire dove andremo a dormire domani, e capirlo entro sera, perché domattina dobbiamo rimetterci in cammino per Carracedo, dove poi un taxi ci riporterà a Caldas de Reis, le nostre valige in balia di un’agenzia che oggi ha toccato il suo minimo, per me. Come si dice in questi casi, anche questa è una experience, una di quelle cime farsi marchiare a fuoco, sempre il fuoco, a una festa dedicata ai al Signore degli anelli, che non credo avrei voluto vivere in questa vita. Camminare costipato e senza aver dormito non porta a conoscere se stessi, credo, ma a covare odio verso altri esseri umani, domani comunque ve lo saprò dire meglio, se sopravvivo a una notte a El Timonel di Caldas de Reis.