Robert Francis Prevost, lo “yankee latino” che viene da Chicago e parla al mondo con l’accento del Perù. Primo Pontefice americano, tra missioni, migranti e spirito agostiniano

La fumata bianca che ha annunciato al mondo l’elezione del nuovo Papa ha anche acceso una rivoluzione silenziosa. Per la prima volta nella storia, il soglio di Pietro ha un accento a stelle e strisce. Ma non aspettatevi un cardinale da cliché hollywoodiano, perché Robert Francis Prevost, 69 anni, è molto di più. È il ponte tra Nord e Sud del mondo, tra Chicago e le Ande, tra Vaticano e periferie.

Agostiniano, ex missionario, uomo di cultura e azione, ha scelto un nome forte e poco comune nella storia della Chiesa: Leone XIV. Una scelta che sa di rottura dolce, di coraggio e discernimento. Un richiamo a una tradizione che guarda al futuro.

Da Chicago al cuore del Perù: una vita in cammino

Nato a Chicago da una famiglia di origini francesi, Prevost ha respirato fin da giovane un mix culturale che avrebbe poi plasmato la sua visione della Chiesa. Dopo la laurea in Diritto canonico, negli anni ’80 ha lasciato tutto per diventare missionario in Perù, dove ha vissuto fino alla fine degli anni ’90. In quel tempo ha imparato lo spagnolo, ma anche molto di più: ha toccato con mano la povertà, l’esclusione, l’umanità viva delle periferie.

Tornato negli Stati Uniti, ha guidato l’Ordine di Sant’Agostino per oltre un decennio. Poi, nel 2013, il ritorno in Perù come vescovo di Chiclayo. Un ponte tra due mondi, sempre più saldo.

Il pupillo di Papa Francesco

Papa Francesco lo ha notato subito: equilibrio, umiltà, ascolto. Nel 2023 lo ha chiamato a Roma, affidandogli uno dei ruoli più delicati della Curia: Prefetto del Dicastero per i Vescovi. Un incarico che vuol dire scegliere i futuri leader della Chiesa. E Prevost non ha deluso: ha promosso una generazione di vescovi aperti, accoglienti, attenti agli ultimi. In una parola: bergogliani.

Sempre nel 2023 ha ricevuto la porpora cardinalizia e si è trovato al centro della delicata questione del Cammino sinodale tedesco. Il rischio scisma era reale, ma Prevost ha tenuto la barra dritta, evitando fratture.

Multilingue e multiculturale: un leader globale

Parla fluentemente spagnolo, portoghese, francese, italiano. Ma soprattutto, parla il linguaggio del dialogo. Con una visione panamericana, conosce bene le ferite del Sud globale ma anche i dilemmi morali del Nord. È stato membro di sei dicasteri e della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano. Ha navigato la burocrazia romana con discrezione, ma con idee chiare. Non è un Papa da effetti speciali, ma da trasformazioni profonde.

Leone XIV: tradizione e futuro

Il nome scelto, Leone XIV, richiama una certa fermezza ma anche un desiderio di rinascita. Non è un rivoluzionario, ma un restauratore illuminato. Un uomo che potrebbe rafforzare l’asse tra America Latina e Vaticano, proprio quando il mondo sembra più diviso che mai.

Con lui, la Chiesa sembra guardare avanti senza rinnegare il proprio passato. Un Papa che sorride poco in pubblico, ma ascolta molto in privato. Che sa quando parlare e quando agire.

Leone XIV è appena salito al trono di Pietro. Ma ha già iniziato a scrivere una nuova pagina per la Chiesa globale. E forse, anche per il mondo.