Il passaggio nella sua autobiografia Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi
È in libreria l’autobiografia di Gianluigi Buffon, scritta con Mario Desiati (edita Mondadori) dal titolo: “Cadere, rialzarsi, cadere, rialzarsi”.
Del libro e non solo ne parla in un’intervista a Corriere della Sera «C’è qualcosa di masochista, nel portiere. I campi della mia giovinezza erano gli stessi de gli anni 70: l’area dura come il cemento. I vecchi portieri li riconosci dalle mani ferite, dai fianchi dolenti, dalle tante volte che sono caduti fino a sanguinare. Ho avuto un solo procuratore nella vita, Silvano Martina. E l’ho scelto perché aveva le mani piene di cicatrici. Mani da portiere».
Ricorda pure l’esordio in A, Buffon: « A un certo punto sentii una pacca sulla spalla. Era Paolo Maldini, che mi incoraggiava. Anche lui aveva esordito in A da ragazzino: sapeva cosa voleva dire».
Parla anche della depressione: «Eravamo reduci da due scudetti di fila: dopo l’up, il down. Mi si spalancò davanti il vuoto. Cominciai a dormire male. Mi coricavo e mi prendeva l’ansia, pensando che non avrei chiuso occhio». In campo «sentivo una pressione al petto, non riuscivo a respirare, pensai che non avrei mai voluto essere lì e non avrei mai potuto giocare la partita».
A quel punto il dottore della Juventus Agricola gliela diagnosticò: «Rifiutai i farmaci. Ne avrei avuto bisogno, ma temevo di diventarne dipendente. Dalla psicoterapeuta andai solo tre o quattro volte, ma mi diede un consiglio prezioso: coltivare altri interessi, non focalizzarmi del tutto sul calcio».
In questo modo Buffon ha scoperto la pittura, un hobby coltivato per rialzare la china.
La sua vita è «stata davvero così: cadere, rialzarsi. Ho fatto errori, come tutti, e non li ho mai nascosti». Come il fatto di non essersi diplomato: «Mi sentivo in colpa verso i miei genitori, volevo iscrivermi all’università. Stavo facendo un massaggio defatigante, e i due massaggiatori, due Lucignolo, mi dicono che ci pensano loro, che tutti i calciatori fanno così… Insomma, mi procurarono un diploma falso. Un’ingenuità incredibile. Che ho pagato».
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