Stefano Tacconi: «La malattia ha lasciato tanti strascichi»
L’ex portiere è stato due mesi in coma ed è stato sottoposto a diverse operazioni
Stefano Tacconi, pian piano, sta tornando alla normalità dopo gli ultimi anni complessi. A seguito di un malore per cui è stato in coma due mesi ha subito tre operazioni per aneurisma.
L’ex portiere e calciatore della Juve ha parlato a Repubblica.
«Prima delle partite mi facevo otto caffè, un pacchetto di sigarette e un amaro: se in centomila mi urlavano cabron, come al Bernabeu, non me ne fregava niente. Zenga invece pativa tutto ciò. Il mio amico Walter: ci davano per rivali, invece ci mettevamo d’accordo per decidere con quale polemica stuzzicarci».
Poi ora, Tacconi vuole «aprire un ristorante e lo farò, alla faccia loro (di moglie e figlio, ndr). Specialità umbre, dalla porchetta in poi. Vino e cibo a quindici euro. Ci penso da quando mi sono risvegliato».
Ha raccontato anche cosa pensato il risveglio: Anche se il vero primo pensiero, quando si è risvegliato, è stato che era morto: «Quando ho aperto gli occhi ho visto mia moglie: ma sei morta pure tu? Credevo di essere in paradiso. Anche se mi sa che io finirò all’inferno».
Oggi fa ancora fatica.«La malattia ha lasciato tanti strascichi, specie alla gamba destra». e Manca «la libertà. Laura e Andrea sono due aguzzini».
Quella di «Prendere, andare, mangiare, bere, guidare. Non stavo mai fermo, volevo fare il fighetto e non mi sono negato nulla, solo che poi il fighetto è stato castigato. Ne è valsa la pena. Sempre meglio che andare al cimitero. A proposito: quando capiterà crematemi, così evito a tutti il fastidio di andarmi a trovare al camposanto».
Infine, Tacconi si lascia andare a una riflessione sul calcio di oggi: «è di una noia mortale. Sono tornato allo stadio per Juve-Napoli: una palla. Noi portieri eravamo dei pazzi, adesso sono tutti a modino e giocano con i piedi. Io appena avevo la palla la tiravo più lontano che potevo».