Francesca Fagnani si racconta a Vanity Fair senza schermi

Francesca Fagnani si racconta a Vanity Fair senza schermi: ecco le dichiarazioni

Francesca Fagnani, protagonista di Belve, lo show rivelazione della Rai, si racconta a Vanity Fair senza schermi: il rapporto con la madre, i suoi inizi, l’ipocondria, il carcere, il suo successo e l’amore «che non è mai per sempre».

E in copertina posa con i suoi due cani, Bice e Nina: «Nina ha 4 anni, Bice 3. Le ho volute entrambe femmine: e ho fatto un grande errore, perché si affezionano al maschio».

La conduttrice dell’anno commenta anche l’addio di Fabio Fazio alla Rai, e sul privato, lei che è abituata a fare domande, racconta qualcosa in più su di sé: dai consulti medici a cena con Verdone alle sue paure più grandi: la malattia. E la noia: «Perché è la noia a spaventarmi. Le donne di solito dicono: cerco qualcuno che mi faccia ridere. Io, invece, qualcuno che capisca le mie battute. Se non le capisci, hai ucciso l’eros. È la fine».

Leggi anche –>Dayane Mello salta da un successo all’altro: svela ogni dettaglio della sua capsule 

Dell’addio alla Rai di Fabio Fazio dopo 40 anni che cosa ne pensa?

«È una perdita per la Rai ma non per i telespettatori, per fortuna, che lo troveranno su un’altra rete. C’è ormai tanta offerta: chi sa lavorare non resterà mai fuori».

Forse bisognerebbe cambiare la testa di chi decide i programmi e di chi taglia teste che funzionano in Rai…

«In televisione c’è poco coraggio. E non dipende dai conduttori ma dai dirigenti che dovrebbero investire su volti nuovi e premiare più il merito delle parrocchie.

Con che cosa ha a che fare il suo successo?

«Col coraggio. Vede, a differenza della vita privata, è nella vita professionale che sono coraggiosa. La prima serata in tv per Belve mi venne offerta un mese e mezzo prima della messa in onda. La verità è che nessuno ci voleva andare in quello spazio perché c’erano, nell’ordine, la Champions, tre programmi d’informazione, una fiction e a un certo punto pure Le Iene. Mancava solo l’Apocalisse. Io credo che nella vita te la devi giocare: l’ho fatto con un programma di sole parole senza servizi, senza foto, senza balletti. È andata bene».

Sua madre diceva che da bambina somigliava a un delinquente.

«Mia madre mi chiamava “Faccia d’angelo” perché riconosceva la mia furbizia. E perché la mia immagine era il contrario del mio carattere».

Le somiglia?

«Mi impressiona perché tante delle cose che non sopportavo di mia madre oggi le ritrovo tutte identiche in me».

Un esempio?

«La cosa più sciocca? Non la reggevo quando si ostinava a prendere il caffè solo se c’era anche il piattino. Oggi se mi fanno prendere il caffè senza piattino faccio una scenata. E poi ci sono cose più serie: ha vissuto fatti personali molto forti e ha avuto la capacità di reagire».

Ne vuole parlare?

«Ma come si fa? Mi sembrerebbe un tradimento perché lei non c’è più. Però di una cosa voglio parlare: dopo la separazione da mio padre, episodio che la fece molto soffrire, lei si ammalò gravemente e lui tornò a vivere con lei, per assisterla, 24 ore su 24 fino alla fine».

Di cosa soffriva sua madre?

«Tumore ai polmoni. Mio padre era tornato ad assisterla e curarla».

Com’era vederli di nuovo insieme?

«Commovente, perché lei cercava solo lui. Dalla stanza da letto, chiamava solo lui. Avevo dieci anni quando si separarono e a scuola mi vergognavo un po’ dell’accaduto. Ma lei, con la sua generosità, riuscì a stabilire un rapporto con lui tale che non c’erano problemi di weekend, di chi stava con chi o per quanto tempo. Ho sempre sperato che mi lasciasse in eredità quella forza di carattere».

Michela Murgia, Concita De Gregorio… Molte donne oggi parlano apertamente e con una saggezza disarmante del proprio tumore.

«Ammiro la loro forza e la lucidità che hanno di pensare parole così giuste, così profonde per descrivere quello che stanno attraversando. Ma la malattia è la mia paura più grande. Io non riesco nemmeno a pensarmi in quella condizione. È la cosa che mi spaventa di più al mondo».

E che cosa pensa di una certa classe politica che usa l’odio per creare consenso?

«Penso il peggio. Ma più che l’odio, che riguarda una minoranza rumorosa, anche sui social, mi spaventa il linguaggio della paura. La paura è un sentimento potente che accompagna tutti. E chi fa leva sulla paura è inaccettabile. Hanno vinto le elezioni facendo leva sulla paura. La paura del diverso, del nuovo. Non puoi pensare chesiano gli immigrati a togliere il lavoro. Non puoi dirlo. Non puoi creare la guerra tra poveri».

Dice di essere amante della montagna perché abbassa l’ego delle persone.

«Hai voglia. A partire dal mio».

Come si abbassa l’ego delle persone?

«Per esempio, non facendoli sentire delle rockstar quando tornano a casa».

Poiché è lei a parlare di Enrico, le faccio una domanda: chi ha dato il primo bacio?

«Lui. In ascensore. Salutandomi. Fu inaspettato».

Parole sue: «L’amore è come il Giro d’Italia, si vince a tappe». È mai caduta?

«Sì. E non è niente male. Perché io faccio fatica a credere nell’amore per sempre. Come si fa a desiderare la stessa persona negli anni, addirittura per sempre? Quando l’amore va bene cade, si trasforma. Quando va male ci si lascia subito o ci si lascia dopo».

Lascia un commento

Instagram Feed

error: Il contenuto è protetto