Il 26 gennaio del 2020 moriva in un tragico incidente la stella dei Lakers a soli 41 anni
Una vita spezzata, all’improvviso, quella di Kobe Bryant che a soli 41 anni ci ha lasciato. Era il 26 gennaio del 2020 e nella tarda serata italiana la notizia del tragico incidente d’elicottero: le prime notizi diffuse di TMZ parlavano solo di Kobe e del pilota.
Poi l’amata verità in quel dannato giorno hanno perso la vita la sua adorata Gianna, figlia di 13 anni e altre sette persone amici e compagni di squadra della ragazza che come papà aveva deciso di dedicarsi al basket.
A distanza di 365 giorni è ancora difficile metabolizzare e farsene una ragione: poche ore prima di morire, per uno scherzo del destino l’ultimo tweet e le ultime parole di congratulazioni rivolte a Lebron James che lo aveva superato nella classifica dei marcatori all time.
Kobe ha lasciato un vuoto nel basket con le sue due maglie, la 8 e la 24 ritirate dai Lakers quegli stessi Lakers a cui avevo dato tutto se stesso e che aveva salutato con una lettera intitolata “Dear basketball” diventata poi un corto premiato agli Oscar nel 2018.
Sì, perché oltre il basket, c’era altro, c’era la famiglia con i figli e l’adorata moglie Vanessa, l’amore per l’Italia visto che è praticamente cresciuto a Reggio Emilia, quella fissazione per inseguire la perfezione e poi ancora le lotte per l’emancipazione sportiva delle donne nel basket.
Nel palmares cinque titoli NBA (2000, 2001, 2002, 2009 e 2010) e una lunga serie di premi individuali, sempre con la canotta dei Los Angeles Lakers.
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Al suo funerale è riuscito a far commuovere tutti a riempiere lo Staples Center e a far piangere sia Michael Jordan sia Shaquille O’Neal compagni di avventura, avversari ma anche amici.
Perché Kobe era sì uno dei più forti ma anche uno dei più amati e il suo ricordo non può che rimanere indelebile anche per preservarlo per le sue figlie che non possono più fare affidamento sul papà: Bianka, Natalia e Capri.
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