Curfew: un mondo senza uomini?

Domani ti svegli e improvvisamente hanno messo un coprifuoco solo per gli uomini, durante le ore notturne, le donne possono uscire, gli uomini no, come ti sentiresti?

Okay, lasciami spiegare.
Qualche giorno fa, domenica 8 marzo, è stata la giornata internazionale della donna, spesso confusa con il termine “festa”, quando purtroppo, vista la differenza di trattamento posto tra donne e uomini, in qualsiasi ambito della vita, da festeggiare c’è ancora ben poco.
Ma torniamo a noi, l’incipit dell’articolo era la trama di una serie tv, appena uscita su Paramount Plus, e il titolo è: Curfew.
Questa serie appena uscita ha creato un vero e proprio dibattito pubblico, chi la ama e dice che, con un modo satirico e uno stampo fantascientifico e distopico, è riuscita a raccontare un tema piuttosto attuale e a far luce su gravi problemi che noi donne dobbiamo affrontare tutti i giorni.
E chi invece la odia, e dice che è discriminante e ghettizzante nei confronti degli uomini, che è costruita con il solo scopo di fare propaganda e farci la guerra gli uni contro gli altri, probabilmente un qualcuno che la serie o non l’ha vista o non l’ha capita per niente.
Io la serie l’ho vista e sono qui proprio a spiegarvi perché questa serie è a dir poco geniale, soprattutto visti i tempi che corrono.
Questa serie tratta un tema chiaro: la sicurezza delle donne, e racconta che a seguito di un’ennesima aggressione le donne per tutelarsi votano e approvano una legge che vieta agli uomini di uscire la notte, rendendo il mondo di base un posto più sicuro, o almeno apparentemente.
Tutto fino a che non si verifica un altro omicidio, e la detective, nonché la protagonista della miniserie, sospetta sia stato proprio un uomo a commetterlo.
Questa serie, con soli 6 episodi, mostra una società distopica, che per tutelare alcuni danneggia altri, ma lo mostra con una lucidità disarmante, che ti porta a chiederti e se fosse davvero così?
È una serie che fa riflettere, su entrambe le posizioni, e che ti porta a uscire un po’ dalla visione ordinaria delle cose.
Ovviamente la soluzione non è quella proposta dalla serie, e questo lo si vede andando avanti con le puntate, ma ti porta a chiederti cosa si può fare nel concreto per arginare il problema della violenza sulle donne e della poca sicurezza che le tutela?
La rabbia, che il pubblico ha riversato su questa miniserie, pubblico prevalentemente maschile (se non esclusivamente), dimostra proprio il succo della serie: ogni schieramento pensa a sé, probabilmente è proprio questo il problema, ci si arrabbia per un qualcosa di distopico ma non ci prova a porre il quesito perché sia nata la necessità di partorire una serie del genere e perché ci siano state così tante donne che l’hanno apprezzata.
Questa serie è quello che mancava, una serie irriverente, provocatoria e politica, che cerca di mostrarci un problema con l’esasperazione, una delle armi più potenti che ci siano.
Non posso che consigliarvela quindi, donne, ma soprattutto uomini, guardatela e provate a immergervi in questo universo inesistente e a chiedervi come avreste vissuto voi, che soluzione avreste proposto e come vi sareste sentiti?
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Lucia Monina, nata in Ancona nell'agosto del 2001, è una fotografa e scrittrice, che studia presso l'accademia delle belle arti di Brera, a Milano. Ha esposto le sue fotografie in varie occasioni, tra le quali il punto zero di Sesto, il Lock di Lambrate e il LatoB di Milano. Ha scritto una biografia di Taylor Swift, con Diarkos Editori. Scrive di musica, cinema e arte.

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