
Stupro di Palermo, in migliaia cercano il video sui social promettendo delle laute ricompense. Intervenuta la Polizia Postale
La vicenda dello stupro di gruppo avvenuto a Palermo ai danni di una 19enne continua a tenere alta l’attenzione e a indignare gli utenti dei social. Ad accendere gli animi sono stati due episodi, il primo riguarda le presunte dichiarazioni del ragazzo scarcerato e collocato in una comunità, che avrebbe commentato l’acquisita libertà sui social con frasi come: «Il carcere è di passaggio si ritorna più forti di prima», o ancora «c’è qualche ragazza che vuole uscire con me». Ma poi si scopre che si tratta di un profilo fake e che molti altri sono stati creati nel tentativo, probabilmente, di generare altro odio. Atteggiamento che nei giorni scorsi ha suscitato reazioni anche da parte di personaggi dello spettacolo come Nina Zilli ed Ermal Meta.
Il secondo, invece, riguarda la ricerca del video dello stupro in rete. Sono nati dei canali Telegram specifici, due pubblici e uno privato con migliaia di iscritti, in cui gli utenti chiedono senza grandi problemi di ricevere il video, promettendo ricompense. Le richieste, riportate da Leggo.it, dicono: «Chi ha il video di Palermo? Scambio bene». E ancora: «Qualcuno ha il video dello stupro di Palermo dei sette ragazzi?», oppure: «Nessuno ha il video di quello che è successo al Foro Italico di Palermo?».
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Secondo quanto riportato da Fanpage.it dalle chat tra i ragazzi coinvolti l’unico che conosceva la ragazza violentata è quello che ha filmato tutto con il cellulare. Durante il video, avrebbe anche detto agli altri “questo è uno stupro di massa”, senza intervenire. Nei giorni seguiti alla violenza lo stesso ragazzo avrebbe scritto nelle chat: “Adesso li sto eliminando tutti, li sto mandando solo a chi li dovevo mandare e li elimino, perché non ne voglio sapere niente di questa storia”. La Procura ha riferito che i video sono brevi e “non rappresentano l’intera evoluzione della violenza”, ma che da essi “si colgono numerosi elementi a sostegno dell’ipotesi accusatoria”.
Barbara Strappato, direttrice della Prima divisione della Polizia postale, ha chiarito sempre a fanpage.it che “Chi condivide un materiale illecito, a prescindere dalla piattaforma, commette un reato. Non solo per chi pubblica per primo, ma anche per chi condivide e inoltra, insomma lo fa circolare, che sia sulla stessa piattaforma o altrove”. E l’anonimato “non è mai garantito. Soprattutto quando si parla di fatti particolarmente gravi”.
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