“Quarta Repubblica”, l’intervista di Nicola Porro al generale Mario Mori

“Quarta Repubblica”, l’intervista di Nicola Porro al generale Mario Mori assolto nel processo sulla Trattativa Stato-Mafia

“Adesso mi devo riqualificare e devo pensare, per gli anni che mi restano, a come fare. Ho passato più di quarant’anni della mia vita a fare l’ufficiale a servizio permanente effettivo. Per venti anni ho fatto l’imputato indagato in servizio permanente. Non dico che è stata una passeggiata, anzi qualche volta mi sono innervosito, però posso dire che l’ho affrontata bene perché vedevo la luce in fondo al tunnel. Ero innocente e lo avrei dimostrato.”  Queste le prime parole nella lunga intervista realizzata da Nicola Porro a “Quarta Repubblica” al generale Mario Mori – dopo che la Cassazione ha confermato la sua assoluzione nel Processo sulla Trattativa Stato-Mafia.

A seguire la trascrizione dell’intervista.

Nicola Porro: Lei ha combattuto con Dalla chiesa il terrorismo. Erano anni duri e avete dovuto fare una vera e propria battaglia. Poi tre processi, uno dietro l’altro. Tre accuse, una dietro l’altra. Com’è possibile che il terrorismo, che aveva rapporti con un pezzo dei Servizi, con un pezzo dello Stato, non l’hanno coinvolta né lei né il Generale Dalla Chiesa. Quanto invece alla mafia. Si era fatto delle domande, si è dato delle risposte?

Mario Mori: “La risposta è semplice e difficile. Nel terrorismo è stato un rapporto più stretto tra magistratura e polizia perché era un gruppo di iniziati. Veramente era qualche cosa di nuovo, di difficile da comprendere e quindi eravamo tutti investigatori in pratica. Qualsiasi cosa si faceva, ci si scambiava prima le opinioni e poi si lavorava e quindi non c’è mai stato motivo con la procura di Torino, con quella di Milano, con Firenze e poi con Napoli. È andato tutto bene. Per la mafia io pensavo che fosse la stessa cosa, ma nel frattempo era cambiato il Codice di procedura penale. E alcuni di noi, me compreso, eravamo nati col vecchio Codice di procedura. Poi c’era la convinzione – supponenza forse da parte nostra – che tutti conoscessero il nostro metodo e il che non era vero”.

Nicola Porro: La prima accusa è che il covo di Riina non è stato da lei perquisito. È stato assolto. Perché lei e Ultimo – il famoso capitano – non perquisite il luogo in cui Riina andava a dormire?

Mario Mori: “Non le rispondo con le mie parole, le rispondo con la parola della sentenza che mi manda assolto insieme a Sergio De Caprio. E dice che in quella circostanza la proposta venne dai carabinieri dei Ros e fu accettata dalla Procura che corse il rischio di perdere eventualmente quello che c’era dentro”.

Nicola Porro: Lei aveva fatto l’accordo con la procura nel non perquisirlo? Qual è il motivo investigativo?

Mario Mori: “Perché noi, oltre ad aver catturato Riina, conoscevamo l’autista che quotidianamente portava in giro Ninetta Bagarella, la moglie di Riina. Conoscevamo i due imprenditori mafiosi, i Sansone, che avevano dato la casa a Riina e che erano sotto osservazione. Quindi noi volevamo continuare l’azione, come si faceva per il terrorismo: se c’erano 10 persone che noi avevamo individuato come brigatisti rossi, ne arrestavamo al massimo 8 perché 2 ci servivano per continuare l’indagine sulle Brigate Rosse”.

Nicola Porro: Oggi la metterebbero in galera per una cosa di questo tipo, se non ne arresta due.

Mario Mori: “Noi lo spiegavamo, abbiamo e io ho cercato di spiegare. È stato Ultimo e io ho avallato. È stato lui a proporre e io ho avallato. Da quel momento la responsabilità era tutta mia. Ho avallato questa iniziativa perché noi contavamo di andare avanti. Perché quando io arresto tutti i brigatisti o i mafiosi io mi taglio il cordone ombelicale che mi lega all’organizzazione criminale. Se non si capisce questo non si capisce il sistema”.

Nicola Porro: Ma lo poteva spiegare ai magistrati questo?

Mario Mori: “Ma io pensavo averlo spiegato”.

Nicola Porro: E tant’è che è stato assolto su questo.

Mario Mori: “Lo ha capito anche il magistrato. Il presidente che mi ha assolto lo ha capito”.

Nicola Porro: Sulla questione della famosa “trattativa stato-mafia” c’è una sua frase in un processo precedente che la incastra. È una frase del generale Mori che dice: “Io sono andato a parlare con il sindaco di Palermo, mafioso, e con lui inizio una trattativa”. La dice lei la parola trattativa.

Mario Mori: “Lo dico a Firenze alla Corte d’Assise. Siccome conosco l’italiano – perché ho fatto anche il classico quindi lo conosco l’italiano – trattativa sta per contatto, accordo, intesa, rapporto. Si possono usare mille termini. Perché ho usato trattativa? Perché è una trattativa tra me e Ciancimino lui era la parte in difficoltà, aveva un processo in atto, stava per essere riarrestato. Io ero la parte forte perché praticamente contavo su questo per convincerlo a collaborare. È stata una trattativa. Perché quando il magistrato convince il mafioso a collaborare non è una trattativa?”

Nicola Porro: Il magistrato può, il carabiniere no.

Mario Mori: “Io posso perché ero un ufficiale di polizia giudiziaria e il 203 del codice di procedura penale mi consentiva di fare una trattativa”.

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Nicola Porro: Quindi lei aveva questa possibilità di farlo. Ma lei lo dice a qualcuno che stava iniziando a fare questo piccolo accordo?

Mario Mori: “No, non lo dico perché nell’agosto del ‘92 quando cominciammo io non mi fidavo del procuratore della Repubblica di Palermo, il dottor Pietro Giammanco. Non mi fidavo e l’ho dimostrato”.

Nicola Porro: Perché non si fidava?

Mario Mori: “Marzo ‘92: Borsellino torna a Palermo e viene nominata a giugno. 23 maggio ’92: muore Giovanni Falcone con la moglie e tre uomini di scorta. Passiamo al 19 giugno 1992: due ufficiali dei Ros si presentano a casa di Borsellino e gli dicono che nel circuito carcerario stanno pensando a ucciderlo”.

Nicola Porro: Lo dite a Borsellino? Due dei suoi uomini?

Mario Mori: “C’è anche scritto. Il 25 giugno Borsellino chiede di parlarmi riservatamente, fuori dal tribunale. Mi dice: “Ci vediamo alla caserma Carini di Palermo”. E mi chiede di riprendere mafia appalti, che lui già conosceva. 13 luglio: il dottor Scarpinato e il dottor Lo Forte chiedono l’archiviazione di mafia appalti. 14 luglio: riunione della Dda di Palermo. Borsellino chiede come sta andando l’inchiesta mafia appalti e nessuno gli dice che la stavano archiviando. 16 luglio: Borsellino si incontra a Roma con Lo Forte, Natoli e l’onorevole Carlo Vizzini e parla diffusamente di mafia appalti. Tant’è che Vizzini depone in tribunale e racconta questo. 19 luglio: alle 07:30 del mattino, lo dice la signora Agnese Borsellino, Giammanco telefona a Borsellino e gli dice che gli ha conferito finalmente – perché fino ad allora non lo aveva data – la delega per operare anche in provincia di Palermo. Pomeriggio del 19 salta in aria Paolo Borsellino con 5 uomini della scorta. 22 luglio: il dottor Giammanco inoltra la richiesta di archiviazione di mafia appalti che viene archiviata il 14 agosto”.

Nicola Porro: Tre giorni dopo la morte di Borsellino archiviano l’inchiesta che Borsellino e Falcone volevano tenere in piedi.

Mario Mori: “Allora, secondo lei, io mi potevo fidare del dottor Giammanco? No. Siccome sapevo che stava per andare via e sarebbe venuto Gian Carlo Caselli ho aspettato il 15 gennaio del ’93. Fortuna volle che quel giorno arrestiamo Totò Riina”.

Nicola Porro: Quindi lei pensava che ci fosse un pezzo della magistratura che in realtà aveva dei rapporti con la mafia?

Mario Mori: “Che comunque mi ostacolava in maniera pesante. E quindi io non ero disposto a mettere a disposizione le mie acquisizioni in quel momento”.

Nicola Porro: Senta, un’altra cosa che le chiedo. Si è chiesto per quale motivo dopo l’arresto di Riina che è un operazione straordinaria evidentemente perché avviene dopo le stragi iniziano tutti dalla procura di Palermo queste attività di indagini nei suoi confronti, poi dopo parleremo anche dei giornali. Ma perché la procura di Palermo indaga su di lei, è legittimo indagare

Mario Mori: “Certo, perché secondo alcuni magistrati questa operazione, quella di non aver perquisito subito e non aver informato. Noi eravamo convinti che  dopo la cattura, noi l’avevamo spiegato cosa volevamo fare. Volevamo aspettare qualche giorno  per iniziare a pedinare. Questo probabilmente è stato valutato male e in maniera diversa da quella che era la nostra posizione per la Procura”

Nicola Porro: Dopo questa inchiesta le fanno anche Provenzano, Trattativa stato mafia..

Mario Mori: “Forse ero antipatico”.

Nicola Porro: Non può essere una risposta che si è dato così semplice…

Mario Mori: “No, il modo di operare del Ros era un modo particolare, che prevedeva una certa libertà di azione che però doveva essere concordata di volta in volta. Noi non volevamo l’assoluta possibilità di fare quello che volevamo però quando avevamo definito un quadro investigativo, nell’ambito di quel quadro investigativo volevamo dire la nostra parola e questo a Palermo non andava.”

Nicola Porro: Ma scusi lei questo con Dalla Chiesa lo faceva?

Mario Mori: “Certamente sì.”

Nicola Porro: Ma c’è stato qualche terrorista che ha beccato e non ha arrestato?

Mario Mori: “Certamente sì. Io comandavo l’anti terrorismo di Roma. Nel 1980 iniziammo un’operazione contro la colonna romana delle Brigate rosse, arrestiamo una quindicina di persone tra cui anche coloro che avevano detenuto Moro nella prigione ma ne lasciammo fuori 5 ma parlando con il consigliere strutture perché dobbiamo continuare a seguire le Br se no questi continuano ad ammazzare e il consigliere Gallucci disse capitano può essere che domani ammazzano lei o ammazzano me, andiamo avanti. Dopo due anni  ne abbiamo arrestati altri 15, è sparita la colonna romana.”

Nicola Porro: E lei intendeva fare la stessa cosa con la mafia

Mario Mori: “Certamente sì”

Viene mostrato un intervento della figlia di Paolo Borsellino.

Nicola Porro: Lei condivide che ci sia tutto un sistema che sia stato dietro a questi processi?

Mario Mori: “Ma, un gruppo ristretto e ben definito di persone o perché ne era convinto o perché gli conveniva hanno seguito questo gruppo di magistrati che ha preso questo indirizzo qua. Io con alcuni giornalisti penso che come diceva Carducci “Ci volevano quattro paghe per il lesso” perché conveniva. Molti ci hanno fatto le carriere non solo magistrati, alcuni erano brillanti e alcuni lo potevano fare indipendentemente, ma molti giornalisti hanno vissuto e vivono sulle veline che gli arrivavano dalle procure”

Nicola Porro: E questi magistrati che hanno fatto carriera hanno fatto altre operazioni, a parte i processi che hanno perso?

Mario Mori: “Ho pensato a lungo, ma io un’operazione al di fuori di queste vicende dei processi che mi hanno coinvolto da parte del dottor Di Matteo, del dottor Teresi e altri giovanotti che erano con loro, io non me ne ricordo”.

Nicola Porro: Cioè lei dice che hanno processato solo lei?

Mario Mori: “Come risultati non ce ne sono altri. sono pronto a scusarmi se me ne trovano di grandi operazioni”

Nicola Porro: “Non è la prima volta che glielo dico generale, io penso che i Ros erano una struttura di Carabinieri di persone molto perbene, sa quante volte ho parlato di lei, sai quante volte mi dice “Ma come inviti Mori che è indagato” e io dicevo ma chissene frega. Voi eravate una struttura molto efficace ma solo per periodi di emergenza in cui lo Stato poteva accettare che ci fosse una struttura.

Mario Mori: “E’ vero quello che sta dicendo, ma difatti il nucleo Dalla Chiesa e poi il Ros che ha operato in Sicilia operava in uno stato indubbio di emergenza. Se con le Brigate Rosse lo Stato ha tremato, nel 1992 lo Stato italiano era in ginocchio per colpa di Cosa Nostra o mi sbaglio?”

Nicola Porro: Certo che no c’erano le stragi di Falcone e di Borsellino e secondo lei hanno interrotto il vostro lavoro?

Mario Mori: “Certamente noi saremmo andati avanti e avremmo catturato altro, perché il metodo è quasi matematico”

Nicola Porro: E invece per quanto riguarda le inchieste. Questa famosa inchiesta dei rapporti tra lo Stato e gli appalti. Lei ha fatto un nome Giammanco, è vivo Giammanco, ci querelerà

Mario Mori: “Allora guardi il dottor Giammanco è morto nel dicembre del 2018, quindi ha vissuto a lungo. Le posso dire questo, rispetto a mafia-appalti ormai ci sono cose che non si possono più fare perché non ci sono più gli strumenti per farlo e altre che si possono ancora fare. Le dico quelle che si possono fare. Giammanco per più di 20 anni non è mai stato sentito da nessuno su questa vicenda, quando sarebbe stato necessario chiedere “Ma perché hai risolto alle 7:30 del mattino del 19 luglio per dire a Paolo Borsellino che gli dava la delega, quando glielo poteva dire l’indomani in ufficio”

Nicola Porro: Perché gliel’ha detto nel giorno della sua morte? Sarà una combinazione sfortunata immagino.

Mario Mori: “Mi auguro di sì, ma non è questo. Perché il dottore Falcone ha parlato con la giornalista Adriana Minella dicendo che l’esito di mafia appalti, cinque arresti, era riduttivo perché la procura non voleva coinvolgere i politici? Perché Falcone nelle sue memorie, nel suo pc parla di pressioni fatte da Giammanco sul capitano Giuseppe De Donno che dipendeva da me, perché chiudesse l’operazione?”

Nicola Porro: L’avete sconfitta la mafia oggi?

Mario Mori: “La mafia in Italia è sconfitta, la cultura mafiosa no”

Nicola Porro: “Il suo rapporto con Falcone e Borsellino qualcuno lo ha messo in dubbio, anche nei Ros, mi sbaglio o anche lì c’è stato un tentativo di dire che non eravate sempre d’accordo?”

Mario Mori: “Io conoscevo molto bene Giovanni Falcone, ci davamo del tu, mia moglie conosceva sua moglie e quindi era un ottimo rapporto datato. Borsellino l’ho conosciuto quando Borsellino, tornando da Marsala, è giunto a Palermo, quindi pochi mesi. Erano due personaggi certamente superiori alla media degli altri magistrati con cui era possibilissimo lavorare. Borsellino, io penso ancora più di Falcone, è entrato nel meccanismo di Mafia Appalti, tanto è vero che non lo dico io ma lo conferma il dottor Di Pietro che racconta di contatti tra Paolo Borsellino e Di Pietro perché volevano unire le indagini di Mafia Appalti di Palermo con quella di Mani Pulite a Milano.

Nicola Porro: C’è qualcosa che ha sbagliato e di cui si pente in questi anni dopo che è stato una vittima di vent’anni di persecuzione giudiziaria?

Mario Mori: “Di errori se ne fanno tanti. Sicuramente abbiamo sbagliato soprattutto anche caratterialmente: io sono un brutto carattere quando qualcuno mi contrasta e sono convinto di avere ragione perdo la calma e a volte offendo anche”.

Nicola Porro: Il suo obiettivo oggi qual è? L’ultima volta mi ha detto che doveva vivere fino alle sue assoluzioni: non mi dica che ora è finita la sua vita..

Mario Mori: “Io voglio una cosa, voglio che la politica italiana crei una commissione parlamentare sul problema di Mafia Appalti perché se, come ha detto Borsellino Quater Mafia Appalti è la causa di morte di Paolo Borsellino mi sembra doveroso per i morti – per Falcone, per Borsellino, per tutti gli altri morti – e per i vivi – in particolare per la famiglia Borsellino – che si trovi la verità su questa storia.

Nicola Porro: Ma li abbiamo trovati tutti i colpevoli…

Mario Mori: “Quale? L’esecutore materiale? Ma poi ci sono anche i mandanti in ogni vicenda giudiziaria”.

Nicola Porro: Lei crede quindi a quel famoso terzo livello di cui si è parlato tantissimo?

Mario Mori: “Io voglio che per esempio tutti i magistrati distrettuali di Palermo ancora vivi – e sono ancora quasi tutti vivi – che il 14 luglio omisero di dire a Borsellino che stavano archiviando Mafia Appalti vengano a dire perché è successo questo fatto qua, perché Caltanissetta ha tenuto per venti anni la documentazione di questi interrogatori che fece il CSM dal 29 luglio in poi e il mio avvocato per due volte ha avuto rifiutato la consultazione della pratica. Solo nel 2020 l’avvocato ha ottenuto da Caltanissetta la possibilità di controllare il fascicolo e ha depositato questi atti nell’appello della Trattativa”.

Nicola Porro: Ha anche fatto il capo dei Servizi Segreti. Le è piaciuto di più la sua vita lavorativa sul campo per cercare terroristi e mafiosi o la sua vita nei Servizi Segreti?

Mario Mori: “Certamente quella con Dalla Chiesa e poi al Ros”.

Nicola Porro: I Ros oggi sono diversi da quelli che c’erano un tempo?

Mario Mori: “Non molto perché hanno operato con la cattura di Messina Denaro con la stessa tecnica che usavamo noi.”

Nicola Porro: Ci hanno messo un po’ più di anni rispetto a Riina però..

Mario Mori: “Angelosanto era un mio capitano del Ros quindi..”

Nicola Porro: Grazie Generale, ci rivediamo tra un po’ quando nasce la commissione d’inchiesta.

Mario Mori: “Molto bene, ci sarò”.

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