Giulia Cecchettin, la lettera della sorella Elena

Elena Cecchettin

Ha scritto una missiva a Corriere della Sera

La forza, la lucidità della sorella di Giulia Cecchettin, Elena, deve essere presa ad esempio. A meno di 24 ore dalla notizia della morte di Giulia, Elena Cecchettin non si è tirata indietro.

Ha così scritto una lunga lettera a Corriere della Sera, parlando di Filippo Turetta, reo dell’assassinio di Giulia. Secondo lei non è un mostro. Dal momento che  «un mostro è un’eccezione, una persona esterna alla società, una persona della quale la società non deve prendersi la responsabilità. E invece la responsabilità c’è».

Per Elena, i mostri non sono «malati, sono figli sani del patriarcato, della cultura dello stupro. La cultura dello stupro è ciò che legittima ogni comportamento che va a ledere la figura della donna, a partire dalle cose a cui talvolta non viene nemmeno data importanza ma che di importanza ne hanno eccome, come il controllo, la possessività, il catcalling. Ogni uomo viene privilegiato da questa cultura». E nessun uomo è buono «se non fa nulla per smantellare la società che li privilegia tanto».

Poi, Elena Cecchettin, si sofferma sulla cultura maschilista.

«Ditelo a quell’amico che controlla la propria ragazza, ditelo a quel collega che fa catcalling alle passanti, rendetevi ostili a comportamenti del genere accettati dalla società, che non sono altro che il preludio del femminicidio». Secondo la ragazza «il femminicidio è un omicidio di Stato, perché lo Stato non ci tutela, perché non ci protegge. Il femminicidio non è un delitto passionale, è un delitto di potere. Serve un’educazione sessuale e affettiva capillare, serve insegnare che l’ amore non è possesso. Bisogna finanziare i centri antiviolenza e bisogna dare la possibilità di chiedere aiuto a chi ne ha bisogno. Per Giulia non fate un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto».

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