Egitto, Patrick Zaki in manette per la seconda udienza. Al giudice aveva detto: “Non so perché sono in carcere, rilasciatemi”
Era prevista per oggi la seconda udienza che vede in Egitto imputato Patrick Zaki, lo studente di Bologna, colpevole secondo le autorità egiziane, di «diffusione di false notizie all’interno e all’esterno del Paese», accusa mossagli dopo la pubblicazione di una articolo che raccontava la condizione della popolazione copta.
Patrick Zaki è stato condotto in aula ammanettato, come fosse un feroce criminale. Così scrive Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia su Twitter: “Portato ammanettato nella gabbia degli imputati, come un pericoloso criminale. #PatrickZaki è tutto il contrario“.
Portato ammanettato nella gabbia degli imputati, come un pericoloso criminale. #PatrickZaki è tutto il contrario. #FreePatrickZaki
— Riccardo Noury (@RiccardoNoury) September 28, 2021
Tuttavia, l’udienza è durata appena pochi minuti, poiché, come scrive il Corriere della Sera, “il giudice si è ritirato per decidere della richiesta del legale di Zaki Hoda Nasrallah che ha chiesto un rinvio per poter studiare gli atti. La legale ha chiesto inoltre una copia autenticata del fascicolo dato che finora vi ha avuto accesso solo in consultazione presso uffici giudiziari, senza dunque poterlo studiare adeguatamente”. La decisione del giudice arriva dopo circa un’ora- Il processo è rimandato al 7 dicembre. «Un rinvio lunghissimo, che sa di punizione. – ha commentato Riccardo Noury portavoce di Amnesty Italia – Quel giorno saranno trascorsi 22 mesi dall’arresto: 22 mesi di crudeltà e sofferenza inflitte a Patrick Zaki, ma anche di grande resistenza da parte sua».
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In aula, oltre al padre di Patrick e la sorella Marise, erano presenti anche un diplomatico italiano, uno spagnolo e uno canadese impegnati nel monitoraggio processuale a trazione italiana che coinvolge anche paesi extra-europei. Il timore è che il processo possa proseguire e per le accuse Patrick possa ricevere una condanna a 25 anni o addirittura l’ergastolo.
Durante l’udienza, Patrick è apparso come la volta scorsa con barba e codino ed era vestito di bianco. Rivolgendosi al giudice la volta scorsa ha detto: «Non so perché sono in carcere, rilasciatemi. Ho esercitato solo libertà di parola».
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