Denise Pipitone, l’Avv. Frazzitta a Cusano Italia TV parla di Messina Denaro

Denise Pipitone, a 17 anni dalla scomparsa da Mazara del Vallo

Denise Pipitone, l’Avv. Frazzitta a Cusano Italia TV parla del ruolo di Matteo Messina Denaro

Il 26 ottobre scorso Denise Pipitone, la bimba scomparsa da Mazara del Vallo l’1 settembre del 2004 all’età di quattro anni, avrebbe compiuto 23 anni.

In occasione di questa ricorrenza, Giacomo Frazzitta, avvocato della famiglia Pipitone, è intervenuto ai microfoni del contenitore televisivo condotto da Tommaso Franchi “Pomeriggio Con Noi”, in onda dalle 15 alle 18 in diretta su Cusano Italia Tv (canale 264 del digitale terrestre).

“La speranza di ritrovarla non si spegne mai. Oltretutto presso il nostro studio continuano ad arrivare segnalazioni. C’è da dire che l’unica memoria storica rimasta in questa vicenda sono io praticamente, perché sono cambiati tutti i pubblici ministeri. Siamo rimasti io e Piera gli unici a ricordare sostanzialmente ogni istante di tutti questi anni: in particolare dal 2004 al 2023 sono 19 anni e 23, invece, sono gli anni che ha compiuto Denise Pitone” ha commentato l’avvocato Frazzitta, aggiungendo: “La storia dei bambini scomparsi in Italia è un fatto che ancora oggi non è affrontato nella giusta maniera: noi è dal 2006 che crediamo alla necessità di una task-force specializzata per questo genere di sequestri. Dagli anni ‘70 ad oggi noi non abbiamo una soluzione di casi di sequestro di minore; tutti sono rimasti irrisolti, tranne il ricordo dei fratellini Pappalardo, ma quello non era stato un sequestro e quindi si è risolto, e anche il caso del piccolo Tommaso è risolto. Ma poi, se ponete mente a questo fatto, nessun caso di sequestro di minore è stato mai risolto in Italia, per cui si necessita assolutamente, obbligatoriamente, di una task-force di persone specializzate perché le prime 24 ore sono fondamentali”.

Alla domanda di Tommaso Franchi, su quale pista seguita sia ancora la più percorribile per arrivare alla verità, Frazzitta ha risposto: “Io credo sempre che dobbiamo fare una differenza tra verità processuale e verità reale. Di aspetti processuali sottovalutati ce ne sono stati nell’ambito del procedimento principale, che dunque è giunto poi con l’assoluzione dell’unica indagata, poi imputata. Il nostro studio non è mai stato fermo nell’analisi del caso e abbiamo deciso, già subito dopo la sentenza di assoluzione, di rivalutare tutto il fascicolo e approfondendo le piste che non erano terminate, quelle lasciate in asso. Ancora oggi non abbiamo una pista che non è stata scandagliata e che per certi versi riteniamo possa avere elementi fortemente riconducibili con la pista di Milano e noi su questa stiamo lavorando in silenzio. Nel frattempo siamo pure andati a fare un un’indagine difensiva con un ergastolano nell’isola di Favignana e anche quella non ha portato a nessun esito perché erano delle piste lasciate a metà, cioè questo soggetto non era stato escluso. Nel novembre scorso siamo andati a sentirlo e l’abbiamo registrato, previa autorizzazione del magistrato di sorveglianza. Dopodiché ci siamo messi a lavorare su altre piste e su queste piste stiamo provando a capirci, però sono piste che non sono collegate alla somiglianza di Denise, perché, non so se purtroppo o per fortuna, comunque c’è questa mania di segnalazioni legate alla somiglianza. La somiglianza non è un elemento dirimente. In realtà noi dobbiamo avere elementi che in qualche maniera si ricongiungono a delle intercettazioni, si ricongiungono a dei nomi che stanno all’interno dell’indagine, è quello che a noi rende diciamo curiosa la necessità di approfondire”.

Sicuramente c’è qualcuno che sa molto di più di quello che ha raccontato. Tra questi, probabilmente anche il defunto Matteo Messina Denaro che, ormai, si è portato quel segreto nella tomba. “Ho detto fin dall’inizio che Matteo Messina Denaro aveva dato un segnale ben preciso a tutti nel momento della cattura quando aveva nominato sua nipote. Questo era un segnale chiaro di non apertura, è evidente. Noi non potevamo pretendere nulla da Matteo Messina Denaro, né tantomeno aspettarci un cambiamento. Morto il capo dei capi, o il presunto tale, che in un certo senso avvolge una omertà collegata all’aspetto dell’associazione criminale, è chiaro che stavolta qualcuno potrebbe parlare, dire qualcosa” ha dichiarato l’avvocato, aggiungendo: “Che il caso di Denise Pipitone non sia riconducibile alla criminalità organizzata io ne sono assolutamente convinto, ma con una convinzione pari al 99,9%. La criminalità organizzata, l’associazione mafiosa, quando nel proprio territorio accade un fatto particolarmente eclatante che determina la presenza di forze dell’ordine e servizi di sicurezza, perché c’entrano pure i servizi segreti, è chiaro che si chiede “cosa è successo e chi è stato”. Perché faccio questo ragionamento? Perché nell’ambito di un altro procedimento, che è la scomparsa di Stefano e Antonio Maiorana, erano due imprenditori, un padre e un figlio imprenditori, scomparsi a Palermo il 3 agosto del 2007, bene in quell’ipotesi immediatamente i Lo Piccolo convocarono una riunione per capire che cosa stesse succedendo e chi aveva preso questi due all’improvviso, perché c’era stata un’attenzione nazionale e la presenza di molte forze d’ordine. E questo lo abbiamo perché alcuni pentiti, alcuni collaboratori di giustizia, ci hanno raccontato queste cose, hanno raccontato alla DDA di Palermo questi aspetti. Evidentemente mi fa pensare che se si interessano di un fatto avvenuto a Palermo, figurati se non si interessano di un fatto avvenuto nel loro territorio… e se Matteo Messina Denaro è stato in silenzio, non solamente sul caso Denise, e sicuramente è esclusa la sua responsabilità sul caso Denise, però nella qualità di reggente quel territorio, è chiaro che avrà chiesto informazioni. Per cui certamente si è portato dietro un bagaglio di notizie di cui non sapremo mai nulla”.

Nel corso dell’intervista è intervenuto il giornalista Paolo Di Falco che ha chiesto all’avvocato Frazzitta se c’è stato un errore giudiziario o una pista seguita, poi rivelatasi falsa, che l’ha lasciato con l’amaro in bocca. “Sicuramente la richiesta di rinvio a giudizio firmata da tre magistrati per l’indagine che si concentrava su l’allora indagata Jessica Pulizzi, poi successivamente imputata e assolta: era la pista che credevamo perché ci credeva pure la procura. Noi credevamo profondamente in quella che era la richiesta articolata, oltretutto scritta da tre pubblici ministeri tra cui il procuratore, sulla responsabilità che dovevano trovare un accertamento dibattimentale di Jessica Pulizzi. Quindi quella è chiaro che rimane con l’amaro in bocca” ha risposto l’avvocato.

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Ma quasi vent’anni dopo la scomparsa di Denise, cos’è cambiato? E che riflessione suggerisce il caso di Kata, la bimba sparita a Firenze? “Il caso di Kata è un caso piuttosto complesso perché tutti i casi dei sequestri dei bambini sono complessi. Siamo nel 2023, rispetto al 2004 abbiamo una capacità di analisi e controllo del territorio attraverso telecamere pubbliche e private. Il fatto che dopo diversi mesi questo caso ancora non sia risolto è certamente un elemento negativo. Io ricordo che il primo settembre dissi subito “o lo risolviamo in 48 ore o lo risolviamo massimo in una settimana oppure poi sarà veramente difficile trovare il bandolo della matassa” e così è stato. E sto vedendo che ancora non abbiamo risposte di Cata. E non possiamo pretendere neppure che in qualche maniera bisogna colpevolizzare necessariamente subito i familiari: perché questo è il primo grande errore che si incorre ogni qualvolta c’è una scomparsa di minore, cioè immediatamente colpevolizzare gli stretti familiari. No, gli stetti familiari devono invece, per certi versi, sentire la presenza dello Stato come una presenza di supporto… ma interessa allo stato, agli inquirenti stessi, avere la fiducia e prendere subito la fiducia; se invece hanno un atteggiamento inquisitorio, si chiudono a riccio e non avranno nulla, neppure quelle cose che magari sono banali” ha concluso Frazzitta.

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