
Delitto di Garlasco, l’avvocato Massimo Lovati ha detto la sua
Da quando sono state riaperte le indagini per il delitto di Garlasco si sta cercando di capire qualcosa sul ruolo che avrebbe avuto Andrea Sempio.
Il ragazzo, amico di Marco, fratello di Chiara Poggi, è difeso da Angela Taccia e Massimo Lovati. La prima è stata richiamata dall’Ordine dei Giornalisti dopo una storia Instagram.
Lovati ha invece deciso di parlare a Repubblica. L’avvocato ha parlato del Santuario della Bozzola non lontano da Garlasco dove venne uccisa una ragazza.
Cinque anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, il rettore del santuario fu vittima di un’estorsione a sfondo sessuale da parte di due giovani romeni, poi condannati. I due riuscirono a farsi consegnare circa 200mila euro, una somma che l’avvocato Massimo Lovati ha definito “inspiegabile” per un sacerdote.
Lovati dice che il Santuario era: «un luogo alla periferia di Garlasco dove ogni mercoledì si praticava l’esorcismo. Poi emersero fatti di pedofilia».
Poi svela la teoria su Garlasco: «Un sogno che ho fatto. Lo scriva: un sogno». Alberto Stasi «ha detto un sacco di bugie sulla scoperta del corpo. Tante. Un racconto che non sta in piedi. E quando ne dici così tante vuol dire solo che ti hanno imbeccato».
Stasi quindi avrebbe preferito fare 16 anni di carcere. Secondo lui, comunque i mandanti sono da collegare alla Chiesa.
«Non sarebbe la prima volta. Guardi che cosa è successo con la povera Emanuela Orlandi. Ma le ripeto che è un mio sogno. Non voglio guai».
Sempio non conoscerebbe la tesi:: «Non ne abbiamo mai discusso. Lui non c’entra nulla con questa storia. Nemmeno con quegli ambienti di chiese e oratori. Lui è un comunista. Un disadattato».
L’uomo «è provato ma sereno, come tutti gli innocenti. Io invece sono stanco. E preoccupato. Contesteremo le consulenze di parte e presenteremo le nostre. Poi, se si dovesse andare a processo, valuterà il giudice. Non ho nulla per dimostrarlo. È materiale, forse, per un romanzo. Chissà, potrei scriverlo».
Intanto, a Il Giornale ha parlato una dei difensori si Stasi, Giada Bocellare sulla famosa impronta: «è un’impronta molto densa, molto carica di materiale biologico. Non è il segno di una mano che tocca appena il muro, scendendo le scale di corsa. È una mano che pressa molto e per alcuni secondi. Siamo ragionevolmente certi che quella fosse una mano imbrattata di sostanza ematica».
Anche lei parla del Santuario: «So che in quel periodo stavo scavando su alcuni suicidi avvenuti a Garlasco, mi sembrava importante capire il paese, le sue dinamiche, ricostruire vicende oscure come quella del santuario della Bozzola. Il problema è che erano episodi avvenuti diversi anni dopo la morte di Chiara. Avrei dovuto andare ancora più indietro negli anni, ma era impossibile». E sul rapporto con la morte di Chiara: «Se c’è un legame io non l’ho trovato».